A 24 anni siamo già vecchi: come il web ha cambiato la cultura pop

Su Sei vecchio di Vincenzo Marino: per capire cosa guardano i ragazzi e le ragazze della Gen Z sui loro telefoni.

Nel 2020 ho iniziato a insegnare, avevo 24 anni e, appena entrato in classe, mi sono reso conto di quante cose non avevo appreso all’università: dovevo – letteralmente – imparare un mestiere. Soltanto un aspetto non mi spaventava, anzi, ingenuamente mi tranquillizzava: la vicinanza anagrafica con gli studenti mi avrebbe permesso di entrare in sintonia con i loro gusti musicali, cinematografici e letterari. La cultura pop comune avrebbe colmato le mie lacune e le mie incertezze professionali. Sarei entrato facilmente in sintonia con il loro gusto e linguaggio. 

Mi sbagliavo. Nel giro di poche settimane, infatti, mi sono reso conto che tra me e gli studenti c’erano parecchie differenze. La maggior parte di queste erano dovute al diverso rapporto con internet. Nella mia formazione, internet è stata importante, ma non fondamentale, la mia cultura pop si è formata solo parzialmente sul web. Essendo nato nel 1996, sono, secondo la sociologia, uno degli ultimi millenials; i miei studenti – nati fra il 1997 e il 2012 – fanno parte della tanto chiacchierata Generazione Z: per loro il web è pane quotidiano. Non soltanto, in quelle prime settimane a scuola, mi sono reso conto della differenza  che c’era tra i nostri gusti in fatto di intrattenimento; gli studenti parlavano un linguaggio completamente diverso dal mio. Il messaggio non verbale degli studenti davanti al mio disorientamento era chiaro e inappellabile: «sei vecchio». Nonostante i pochi anni di differenza, il fatto di appartenere a due generazioni differenti aveva tracciato una linea netta che segnava la mia, inevitabile, alterità al loro linguaggio, alle loro abitudini culturali. Così, di colpo, a 24 anni, mi sono ritrovato “vecchio”.

«Sei vecchio» non è soltanto il messaggio (nemmeno troppo implicito) che gli studenti manifestavano nei miei confronti: è anche il titolo del libro di Vincenzo Marino, pubblicato da Nottetempo, Sei vecchio. I mondi digitali della Generazione Z. Marino da anni scrive una newsletter, Zio, dedicata all’analisi di quello che i ragazzi e le ragazze della Generazione Z guardano, ascoltano, fanno sul web. Per me, in questi anni, Zio si è rivelata una lettura più utile di molti elaborati corsi di aggiornamento. Marino racconta di essersi sottoposto  sottoposto ad una «dieta mediatica» che lo ha portato ad «assistere quotidianamente a svariate ore di dirette su Twitch, a infinite sessioni di scrolling su TikTok, a passare intere giornate su YouTube, Instagram, Reddit, Discord». Nella sua newsletter ha quindi analizzato e ricostruito alcuni avvenimenti culturali in maniera precisa (quasi filologica); esemplare – ad esempio – la sua ricerca sul fenomeno dei maranza

Sei vecchio è «una grossa espansione» di Zio in cui Marino racconta nel dettaglio (e in maniera chiarissima anche per il lettore non pratico di social) alcuni fenomeni web degli ultimi anni. Si sofferma, ad esempio, sulle estenuanti sleeping stream su Twitch in cui uno streamer (Gennaro Chiantese, detto Gskianto, è il massimo esponente italiano) vive per giorni in diretta e può essere “disturbato” dagli utenti anche quando dorme.  

Una compilation dei bruschi risvegli di Gskianto.

Marino compie un’analisi dei prodotti culturali pop che la Gen Z guarda sul proprio telefono. Rispetto alle generazioni precedenti la cultura pop è veicolata quasi esclusivamente dal web; l’oggetto simbolo è certamente lo smartphone, non più la televisione. Il metodo di Marino ricorda quello di Umberto Eco quando, nel 1961, analizzò la figura di Mike Bongiorno (Fenomenologia di Mike Bongiorno): un’osservazione critica, priva di moralismi.  

Proprio Eco, nel saggio su Bongiorno, sottolineava come  la TV presentasse non un «ideale in cui immedesimarsi», ma un «uomo assolutamente medio» di cui Mike Bongiorno era il massimo esponente. Anche il web è pieno di persone comuni che d’un tratto hanno raggiunto il successo; come Donato De Caprio, salumiere napoletano che, nel 2022, in poche settimane, ha raggiunto milioni di utenti su TikTok semplicemente preparando panini (iconica la sua domanda: con mollica o senza?). De Caprio è la prova che tutto può essere content

Un reel di Donato De Caprio su YouTube.

Il meccanismo di TikTok fa sì che all’utente venga proposta una «roulette» di video «apparentemente imprevedibile», ma che in realtà si basa sui «comportamenti» dell’utente stesso. Diventa quindi difficile distinguere tra il prodotto meritevole e quello medio in «un’alternanza tra libera espressione spesso talentuosa e intrattenimento condiviso consultato quasi per caso». È, anche,  per via di questa casualità  (normata sapientemente dall’algoritmo) che l’uomo medio e il contenuto culturale medio possono “farcela”. Per molti il successo diviene, quindi, un’ossessione.

L’ultimo capitolo (Sii te stesso, cambia mindset) del libro di Marino è forse il più interessante: l’autore analizza tutta la retorica – sempre più diffusa sui social – di motivatori e predicatori di sorta che invitano l’utente a cambiare mindset, a cercare il cosiddetto «potenziale inespresso» attraverso azioni di empowerment. Will Storr, citato da Marino, afferma che «viviamo in tempi in cui la retorica del mercato, nel bene e nel male – e forse più nel male – è diventata cultura pop». I ragazzi non si affidano soltanto ai guru del mindset, ma anche all’astrologia (uno dei maggiori trend di TikTok): secondo Marino questo è sintomo di «una generazione particolarmente preoccupata per il proprio ruolo sociale e le proprie relazioni, estenuate dalle infinite occasioni di affermazione personale che possono essere colte online, e logorata dalla costante condivisione pubblica di quasi ogni aspetto del quotidiano».

La cultura pop fa parte dei fattori che definiscono una generazione e il suo modo di rapportarsi con la realtà. Possiamo sorvolare, guardare storditi e inorriditi le live su Twitch e le tendenze di Youtube, oppure possiamo cercare di comprendere i consumi culturali della Gen Z. La ricercatrice Abbie Richards, che si occupa di disinformazione e social network, ha detto che TikTok  «sta plasmando il modo in cui un’intera generazione impara a percepire il mondo»; credo che questa affermazione si possa estendere a tutti i consumi pop del web. Sta a noi accettare di essere (già) un po’ vecchi, provando tuttavia a comprendere quello che i ragazzi e le ragazze scrollano. Marino pare che si sia, tra le altre cose, divertito. Buon divertimento anche a noi.

Immagine di copertina: grafica della copertina di Sei vecchio.

Condividi su: