
Negli ultimi due anni, diverse aziende hanno iniziato a creare software basati su AI (Artificial Intelligence) capaci di generare immagini complesse a partire da input testuali conosciuti come TTI (Text to Image). Tra le prime startup ad aprirsi al mondo dell’intelligenza artificiale c’è Stability AI che da mesi sta facendo parlare di sé a causa dei risultati sorprendenti ottenuti. Fondata nell’agosto 2020 questa azienda – valutata un miliardo di dollari – si prefigge, con le parole del fondatore Emad Mostaque, di assegnare «il potere nelle mani delle comunità di sviluppatori e aprire le porte a nuove applicazioni rivoluzionarie»
In particolare, il generatore di immagini TTI di Stability AI è Stable Diffusion. Esso utilizza un dataset chiamato LAION 5B fornito dalla società non profit (ma, allo stesso tempo, finanziata da un’altra miliardaria) LAION.
I dataset sono enormi raccolte di dati prelevati da ogni angolo del web in modo indiscriminato, tramite operazioni dette di scraping – termine che indica l’estrapolazione di dati in rete. Non ci sorprende, dunque, che solo all’interno di un dataset come LAION 5B siano presenti all’incirca cinque miliardi di immagini di qualsiasi tipologia: foto, disegni e documenti che, spesso, includono anche informazioni di tipo privato. Non sorprende nemmeno che la società LAION abbia permesso l’utilizzo del suo dataset sotto il principio del fair use che, in determinate circostanze, permette di riutilizzare materiale protetto da copyright senza necessità di autorizzazioni da parte del relativo titolare.
All’interno di questi dataset esiste, pertanto, una miriade di materiale coperto dal diritto d’autore creato da artisti viventi non tutelati nella loro identità artistica. Si tratta per lo più di dati prelevati illegalmente con modalità che sconfinano notevolmente i limiti imposti dal rispetto dei diritti di privacy e di proprietà che regolano la comunità.
Anche per quanto riguarda l’aspetto qualitativo delle opere d’arte, che è la cifra che con maggiore difficoltà riesce ad essere imitata dalle macchine, le immagini generate dai software AI TTI possiedono una qualità altamente definita e sempre più perfezionata. Ciò grazie alla capacità che tali software hanno di ‘allenarsi’ su smisurate quantità di dati e alla capacità da loro posseduta di convertire un linguaggio testuale in forma visiva, utilizzando una tecnologia elaborata che si basa su un sistema di apprendimento automatico, denominato GAN (Generative Adversarial Network).
In questo modo, più alta è la qualità dei dati di partenza più, di conseguenza, si alza la qualità del risultato e la competitività dell’azienda che lo offre.

Per quanto riguarda gli artisti, in molti hanno visto confluire nell’insieme di dati, senza il proprio consenso, il loro intero portfolio. Ciò significa che i generatori di AI sono stati costruiti sulla base di lavori e opere protette da copyright, e che abbiano potuto farlo grazie a una scappatoia legale: sembra, infatti, che LAION sia stata in grado di setacciare l’intero Internet perché si presenta come un’organizzazione senza scopo di lucro impegnata nella ricerca accademica. Con questo escamotage, i suoi ideatori sono stati in grado di produrre copie di opere a vari livelli di sofisticazione, tanto da permettere anche a dei dilettanti di creare immagini complesse, astratte o fotorealistiche semplicemente digitando poche parole in una casella di testo.
Un caso interessante è avvenuto al concorso artistico annuale della Colorado State Fair : uno dei premi è stato consegnato a un tale Jason M. Allen, il quale non ha fatto il suo ingresso con un tradizionale pennello o con un pezzo di argilla, ma ha generato il suo prodotto con Midjourney – un altro programma AI TTI – suscitando malcontento e questioni etiche da parte degli altri partecipanti (per l’approfondimento a questa vicenda clicca qui).

L’operato dell’intelligenza artificiale in ambito artistico comincia dunque a generare forme di malcontento tra gli artisti in carne ed ossa, che si sentono violati nella loro anima creativa ed espressiva. Ne offre testimonianza l’illustratrice e fumettista americana Sarah Andersen autrice del webcomic Sarah’s Scribbles. Sarah racconta di come, dapprima, le sue vignette siano state brutalmente manipolate e riutilizzate dall’Alt-Right — un movimento politico statunitense che si alimenta online e che promuove ideologie di destra alternative a quelle tradizionali del conservatorismo – che ne ha trasformato i contenuti in messaggi dall’ideologia neonazista e di propaganda trumpiana; e di come, successivamente, con l’avvento delle AI, il suo stile volutamente semplice, con tratti incisivi e dettagli riconoscibili per rendersi immediatamente accessibile ai lettori, sia stato letteralmente rubato e rigenerato dai software come Stable Diffusion.
Tra gli artisti, va detto che molti non sono completamente contrari alla tecnologia, ma si sono sentiti spiazzati dalla mancanza di considerazione per il loro mestiere.
Tra quest vi è per esempio l’illustratore italiano Lorenzo Ceccotti, in arte LRNZ, che ha presentato alla Comunità Europea una serie di proposte sulla regolamentazione delle AI ad’integrazione dell’AI act – una proposta di Regolamento Europeo sull’intelligenza artificiale con l’ambizioso obiettivo di introdurre un quadro normativo – che, al momento, ne è privo (per un approfondimento clicca qui).
La situazione si fa ancora più allarmante quando si scopre che, all’interno degli enormi dataset di LAION, vi sono anche foto di violenza estrema, cartelle cliniche e pornografia non consensuale. Esistono protezioni per i generatori di AI più noti – come la limitazione di alcuni termini di ricerca –, ma questo non cambia il fatto che l’insieme di tali dati sia ancora pieno di materiale illegale e che gli utenti possano trovare modi per aggirare le limitazioni di tali termini. Inoltre, poiché LAION è open source, ossia liberamente modificabile dagli utenti, le persone stanno creando nuovi generatori di AI che non hanno queste stesse protezioni e che sono spesso utilizzati per produrre pornografia.
In conclusione, crediamo che il punto non sia tanto screditare l’attuale progresso dell’editing digitale e dei programmi di progettazione assistita dal computer, ma riflettere su ciò che rende diversa la nuova generazione di strumenti di intelligenza artificiale. Essa non solo è in grado di produrre opere d’arte con il minimo sforzo, ma implica rischi fino ad oggi inusitati per gli artisti: questi ultimi, nel caricare i propri lavori su internet potrebbero infatti aiutare inconsapevolmente i loro concorrenti algoritmici ad evolversi.
Come ha twittato RJ Palmer, un artista digitale, «ciò che rende questa AI diversa è il fatto di essere esplicitamente addestrata sugli attuali artisti che lavorano»: a suo parere, «questa cosa desidera impossessarsi del nostro lavoro ed è – pertanto – attivamente anti-artista».
Immagine di copertina: Copertina illustrata da Sara Pelagalli, @sara_pelagalli.