copertina libro dono non ricambiato Gafforini

“Il dono non ricambiato”, quando la poesia diventa dono

Il rapporto tra padre e figlio e il quartiere del Carmine al centro della nuova raccolta di poesie di Lorenzo Gafforini: «Un regalo a mio papà, ma anche una difficile seduta di psicoterapia».

Brescia. Lorenzo Gafforini non si ferma. Con “Il dono non ricambiato”, che verrà presentato per la prima volta al pubblico il 31 marzo, pubblicato per FaraEditore, arriva infatti a quota otto raccolte di poesie. Classe ’96, laurea in giurisprudenza, la sua ultima collaborazione risalente all’anno scorso con “Se tutti i Danesi fossero Ebrei” (Lamantica Edizioni, 2022), testo teatrale inedito del poeta russo Evghenij Evtušenko. Ora il ritorno alla poesia.

Come è nato il testo?

«È nato in maniera abbastanza spontanea. Ci tenevo a fare un regalo a mio padre per i suoi 57 anni: infatti è uscito ufficialmente un po’ prima del suo compleanno, ovvero l’1 marzo. Volevo parlare di lui, del nostro rapporto, partendo innanzitutto dalla forma: prologo, cinquantacinque componimenti ed epilogo fanno appunto i suoi cinquantasette anni. Volevo parlare della sua infanzia e crescita, intessendo un dialogo inter-generazionale con anche mio nonno, venuto purtroppo a mancare quando avevo circa dieci anni, e un mio ipotetico futuro figlio. Volevo che le generazioni comunicassero tra loro, ma soprattutto volevo ringraziare mio padre per tutto quello che mi ha dato, un atto di tenerezza che talvolta abbiamo vergogna a mostrare, ma in questo caso ho voluto proprio “mettermi a nudo”; è stata una seduta di psicoterapia che ha chiarito molte cose del nostro rapporto. Mio padre, pur non leggendo poesia, l’ha apprezzato, mi è andata bene (ride, ndr)”.

Il professor Massimo Parolini, che ha segnalato la tua raccolta, parla nel prologo di “poesia come terapia di costellazioni familiari, unendo genitori e nonni che non vogliono rimanere pure immagini” e di “stigma della perdita, della violenza e dell’abuso che si fanno ago e filo di un rammendo”. Ci puoi spiegare queste due immagini?

«Innanzitutto ringrazio il professore per la bella presentazione. Volevo rievocare i miei nonni paterni, chiarendo alcune cose del nostro ambito familiare e capendo il rapporto che sussisteva tra i vari componenti della mia famiglia. La mia prima necessità era però quella di parlare con mio padre: più di una volta ha ammesso di comprendere a fatica le mie poesie, però volevo renderlo partecipe di questo percorso creativo, la cosa più spontanea per rendergli omaggio. Per quanto riguarda la seconda frase emerge un quadro abbastanza desolante del quartiere ove mio padre è cresciuto: era infatti abbastanza difficile, sicuramente con tante mancanze e poca attenzione verso i più i giovani. C’erano povertà e violenza, mancavano grossi esempi educativi; mio padre ne è però uscito bene, ha trovato un lavoro, ha costruito una famiglia e di questo gliene sono grato. Mi ha trasmesso dei valori che spero di portare avanti finché potrò». 

Gafforini Libro Citazione
Una frase del libro.

Qual è il tuo legame con il quartiere del Carmine?

«È un legame molto importante. I miei nonni vivevano in una casa fatiscente nella via che citavo prima, poi si sono trasferiti di fronte alla Chiesa del Carmine. Per me andare in città da bambino era una festa; poi ho frequentato il Gambara, tornando infine a Palazzo Calini iscrivendomi a Giurisprudenza all’università. È stato bello perché dove mio padre ha fatto le elementari io ho frequentato l’università; il mio unico rammarico in tal senso è stato laurearmi nel 2020, durante il Covid, che non ha permesso a mio padre di tornare in quei luoghi della sua infanzia. Adesso vivo a Bergamo per lavoro, però il Carmine mi manca: quando torno a Brescia un giro lo faccio sempre. Paradossalmente quando sono venuto a Bergamo cercavo qualcosa di simile al Carmine architettonicamente; ora vivo in Borgo Pignolo, che un po’ lo richiama». 

Nella postfazione, curata dall’editore, la tua voce poetica viene paragonata a quella di Giovanni Battista. Una bella responsabilità…

«L’editore, Alessandro Romberti, mi ha fatto un bellissimo regalo: la postfazione non era infatti programmata e ho scoperto che l’aveva fatta solo aprendo il file di stampa. L’ho letta e mi ha lusingato tanto: mi onora avergli suscitato queste parole. Il paragone con Giovanni Battista è decisamente importante: non so se ne sono degno, però mi fa piacere (ride, ndr). Mi è piaciuto molto l’accostamento che ha fatto tra gli aggettivi forte e netta, ma anche “segretamente incrinata” riferiti alla mia voce. Ci ho pensato varie volte se fosse il caso di pubblicare questa raccolta: sono argomenti delicati, che ho voluto trattare nel miglior modo possibile». 

Crediamo che la tua poesia sia fortemente immaginifica: tante pennellate che compongono però un quadro talvolta criptico. Sei d’accordo con questa analisi?

«Sono d’accordo. Vorrei che la mia poesia fosse come una pellicola: ogni componimento compone un cortometraggio, che si può o guardare singolarmente oppure come un collage. Volevo che i miei componimenti dessero delle immagini: lavoro molto sulle libere associazioni e vorrei fornire al lettore continui stimoli. Delle volte mi piace anche giocare con la parola: voglio creare componimenti “musicali”, che suonino bene, ma che creino anche immagini. Mi preme lasciare il sentore di qualcosa: magari non essendo capito fino in fondo, ma lasciando un’emozione o una sensazione nuova nel lettore. Comprendo però che sia tra le cose più difficili in letteratura e ho ancora tanto da imparare in tal senso». 

Cosa consiglieresti ad un lettore che approccia per la prima volta la tua raccolta?

«È una domanda che mi sono fatto varie volte anche io; sicuramente gli suggerirei di seguire l’ordine dei componimenti. Come primo approccio consiglierei una lettura lineare. Mi piacerebbe poi che al lettore si accendesse la curiosità sui luoghi che vado a citare, ad esempio le vie che cito di San Faustino e il Carmine. Mio padre – come accennato – ad esempio è nato in Contrada Pozzo dall’Olmo, ove c’è un affresco, anche se sbiadito: mi piacerebbe che il lettore abbia la curiosità di cercarlo. Il mio libro è sicuramente un dialogo, ma ho voluto costruire anche una toponomastica poetica dei quartieri, tramite la vita di mio padre. In questo senso ho voluto che durante la presentazione ci fosse anche la mostra fotografica dell’amico Raju Barengo che ha come protagonisti proprio i luoghi del libro. I visitatori avranno così la possibilità di vederli nell’immediato». 

presentazione libro Gafforini
Locandina di presentazione al pubblico.

In questo momento, nel grande mercato editoriale, la poesia è un po’ un genere di “nicchia”. Sei d’accordo? E se sì, cosa suggeriresti ad un ragazzo con la tua stessa passione?

«Sicuramente è un genere non troppo diffuso, ma ci sono comunque tante case editrici che pubblicano poesia di grande qualità. Per quanto riguarda la “crisi della poesia”, il genere sembra sempre in crisi ma non lo è mai davvero. La poesia continua e continuerà: varierà, negli ultimi anni abbiamo vissuto prosa poetica di altissimo livello, ma certamente continuerà. Volendo poi entrare in un ragionamento più consumista, un lettore può essere più portato a comprare un romanzo della grande casa editrice che costa meno piuttosto che una raccolta di poesia, più breve, ma che ha anche un prezzo maggiore. Qui poi dovrebbe subentrare anche un’azione di sensibilizzazione verso la letteratura di qualità, promossa anche da piccole case editrici virtuose che non abbiano i mezzi economici del grande colosso editoriale. Ad un ragazzo con la mia stessa passione dico di sperimentare, scrivere tantissimo e di non aver fretta di pubblicare. Mi rimprovero infatti di aver avuto talvolta troppa fretta. Quando parlo di scrivere non dico solo poesia, ma anche prosa, articoli, recensioni: leggere significa anche approfondire, non solo prosa e poesia, ma anche tramite saggi critici. Bisogna continuare a scrivere, perché quello che si scrive non è subito quello che si vorrebbe e ci vuole tantissimo esercizio: la chiave è non essere mai completamente soddisfatti». 

Immagine di copertina: Lorenzo Gaffurini, Il Dono non ricambiato.

Condividi su: