illustrazione con bottiglie, torchi e botti che formano la bandiera ucraina

Make wine, not war / роби вино, а не війну

Dalle bottiglie di vino alle bottiglie Molotov: una panoramica sul mondo enologico ucraino e sul ruolo che ricopre nel conflitto.

Là dove c’era vino, ora c’è benzina. Per fabbricare Molotov. L’incomprensibile logica della guerra ha toccato anche il mondo vitivinicolo ucraino e ha reso le bottiglie uno dei tristi protagonisti della resistenza. Prenderne atto ci ha spinti ad approfondire le nostre conoscenze su questa terra oggi straziata ed in lutto, e scegliere di raccontare di ciò che c’era prima delle bombe.

Non tutti sanno che in Ucraina si coltiva Vitis Vinifera e si produce vino: anche in ambito agricolo è facile farsi vincere dagli stereotipi e fermarsi all’idea dei campi di frumento e patate atti a trasformarsi in Vodka. Eppure, non c’è da sorprendersi perché solo qualche centinaio di chilometri più in là dell’Ucraina, sulla sponda orientale del Mar Nero e in quelle terre che oggi sono Georgia e Armenia, la viticoltura ci è nata.

mappa dell’ucraina con zone vitivinicole
Dove si produce vino in Ucraina

Cominciamo con un po’ di geografia e di storia. Ci troviamo subito di fronte ad una constatazione più che mai attuale: la più importante e storica area vitivinicola ucraina, la penisola di Crimea, è dal 2014 de facto territorio russo.

L’importanza redditizia della Crimea, sfortunatamente famosa non per la sua cultura enologica, è da ricercarsi proprio nel fatto che era qui che si concentrava quasi la metà della produzione totale di vino ucraino, per lo più vini dolci o semi dolci.

Anche l’importanza storica non è indifferente. Sappiamo infatti che nella parte meridionale della penisola, complice il clima subtropicale, si coltivava Vitis Vinifera già dal IV secolo a.C., importata dagli antichi greci come testimoniano le numerose anfore e  torchi ritrovati nella zona.

Durante il Medioevo, poi, la Repubblica di Genova, commercialmente arrivata fino in Crimea dove si stabilì con alcune colonie, esportava vino ucraino in tutta Europa. Dal XVIII secolo la penisola, specialmente l’area intorno alla città di Sudak, fu il fulcro dello sviluppo enologico dell’impero zarista sotto il regno di Caterina II prima, e dell’Unione Sovietica poi. Purtroppo, la produzione complessiva fu pesantemente ridimensionata durante la campagna “anti-alcol” promossa negli anni ‘80 dall’allora segretario generale sovietico Michail Gorbačëv.

Nonostante la perdita della Crimea abbia messo ragionevolmente in crisi l’industria vinicola ucraina, essa ha saputo in realtà reinventarsi virando sempre di più verso una produzione, in stile occidentale, di vini secchi e spumanti e rinvigorendo aree che fino ad allora erano rimaste secondarie nel panorama enologico della nazione. Sono esempi la zona a sud del fiume Dnepr, vicino alla città di Kherson, la Bessarabia, territorio condiviso con la Moldavia, e la Transcarpazia, al confine con Ungheria, Romania e Slovacchia.

La più grande ed importante di queste regioni rimane, in ogni caso, quella del Mar Nero, che si sviluppa attorno alle città di Odessa e di Mykolayiv, nel sud-ovest del paese. La conformazione fisica collinosa, unita ad un microclima influenzato dalla presenza del mare con inverni tiepidi e autunni caldi e non troppo umidi, rende questa zona ottimale per la produzione di vini dolci e fortificati, ma non solo.

Come afferma il sito Wines of Ukraine, la maggior parte degli oltre 50 produttori ucraini è presente con la propria cantina in una di queste quattro zone. Giusto per dare un po’ più di contesto e di altri numeri, in Ucraina gli ettari vitati sono circa 41.500 e producono complessivamente 1.3 milioni di ettolitri all’anno di vino.

Inoltre, si contano ben 180 varietà d’uva diverse. La maggior parte di esse sono varietà internazionali molto conosciute, come il Cabernet Sauvignon e il Merlot a bacca nera; e lo Chardonnay, il Sauvignon Blanc e il Riesling a bacca bianca. Ma sono presenti anche molte varietà autoctone o meno comuni, tra cui il Rkatsiteli (varietà bianca originaria della Georgia), l’Odessky Cherny, il Cevat Kara e il Bastardo Magarachky (si, fra i tanti, questo l’ho scelto proprio per il nome!) tutti e tre originarie dell’Ucraina (le prime due nere, la terza bianca).

foto di vigneti nella regione della Transcarpazia
Vigneti Chateau Chizay, Transcarpazia.

Oggi che una parte delle zone vitivinicole si trova al centro del conflitto, il ruolo del mondo enologico è radicalmente cambiato.

Come già accaduto per svariati birrifici in tutto il paese, un articolo del magazine inglese The Buyer afferma che alcune cantine hanno bloccato la loro produzione tradizionale per confezionare bottiglie molotov pronte all’uso da distribuire alla popolazione civile.

Oksana Buyachok, vignaiola e proprietaria di Fathers Wine, azienda situata nella zona di Ternopil, dice: “Abbiamo dovuto trasformarci a seguito dell’invasione russa. Per il momento abbiamo già prodotto 25.000 bombe molotov per il nostro ufficio di protezione civile e per tutti quelli che hanno bisogno di questo vino “protettivo” ”.

In aggiunta l’azienda sta provvedendo a cucire cuscini e coperte, a raccogliere beni di prima assistenza, a cucinare pasti per i soldati e persino a fabbricare cavalli di Frisia in metallo.

foto di bottiglie di bombe molotov prodotte con bottiglie di vino
Bottiglie di vino trasformate in molotov.
Credits: Fathers Wine

Una conversione tragica e dolorosa, che avrà presumibilmente anche una pesante ricaduta economica sull’export. Ma è solo una delle tante difficili scelte cui sono oggi chiamati i vignerons e tutti i civili Ucraini. 

Bottiglie incendiarie che, figlie della logica insensata della guerra, sono già diventate simbolo della resistenza ucraina. Speriamo solo che possano presto tornare ad essere riempite con qualcosa di più consono ad esse: il vino

Immagine di copertina: Illustrazione di Beatrice Perego

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