Dodici poetesse italiane scalfiscono l’animo umano

I versi della raccolta «Nuovi poeti italiani 6» confermano la funzione necessaria della poesia.

Quando qualcuno si confronta con un pubblico, tramite qualunque mezzo espressivo, rispetto alle questioni lessicali, molto spesso si è tentati alla generalizzazione e alla banalizzazione dei fenomeni, dimenticando che esistono discipline che se ne occupano in modo scientifico e rigoroso, come la linguistica o la storia della lingua. Rispetto, ad esempio, alla scelta dell’uso del termine poeta o poetessa, l’Accademia della Crusca indica che la prima forma ha iniziato ad essere affiancata alla seconda, sicuramente più antica, dopo la proposta di Alma Sabatini[1]. Alcune letterate si sono espresse personalmente rispetto alla scelta di identificarsi nell’una e nell’altra forma, tra cui ad esempio Maria Luisa Spaziani e Jolanda Insana, che afferma «[…] non mi piacciono le ‘poete’ […] ‘Poeta’ è una parola neutra all’origine (Saffo era un poeta, e basta), e tale può (o deve) essere soprattutto oggi»[2]. È dunque la libertà personale di autodefinizione che deve portare ogni individuo a scegliere se identificarsi con l’una o l’altra forma, non solo ovviamente nell’ambito della letteratura, ma in qualunque altro ambito lavorativo. Tuttavia è necessario e assolutamente fondamentale che ci sia la consapevolezza dell’esistenza di differenti possibilità, tutte con la stessa valenza scientifica.

Rispetto alla produzione poetica, nella quasi totalità delle raccolte più importanti del Novecento le voci femminili sono state quasi assenti: lo stesso Mengaldo in Poeti italiani del Novecento inserisce solamente Amelia Rosselli. A partire dagli anni Settanta, sicuramente anche in seguito ad una maggiore consapevolezza femminile in merito ai diritti civili e alla sfera pubblica, si assiste ad un aumento dei nomi di poetesse, come nell’antologia di Antonio Porta, Poesia degli anni Settanta, ma anche alla pubblicazione di antologie che includono solamente autrici come Poesia femminista italiana (del 1978, a cura di Di Nola) o, successivamente, Femminile plurale (del 2003, a cura di Ammirati e Palumbo).

Alcuni dei volumi della Collezione poesia edita Einaudi

Nel 2012, la casa editrice Einaudi ha pubblicato il Volume numero 6 di Nuovi poeti italiani, una serie dedicata a penne non ancora conosciute ad un vasto pubblico e inserita all’interno della collana Collezione poesia (nota come la «collana bianca», dalla peculiare copertina e grafica disegnata da Bruno Munari). La scelta della curatrice di questo volume ha però destato critiche (più o meno aspre) e perplessità, come quelle di Berardinelli, Galaverni, Marchesini e Cortellessa[3]. Giovanna Rosadini, infatti, ha realizzato questo volume scegliendo solamente poetesse, sostenendo che «[…] proprio il legame fra scrittura e vita […] è un altro dei dati che accomunano la scrittura poetica femminile, così come la sua matericità, la sua concretezza di riferimenti […]. Una poesia che ha bisogno di corpo, natura. Che si fa corpo e natura… Una scrittura che ha, sempre, una temperatura maggiore rispetto a quella maschile. Anche in virtù del grado di empaticità di cui è portatrice…»[4]. Ogni critico letterario è libero di interpretare e giudicare questa affermazione. Sicuramente la riflessione riguardo alla scrittura femminile e maschile è estremamente complessa. Tuttavia, ponendosi un obiettivo di carattere critico nell’analisi dei nomi all’interno di una raccolta di autori e autrici, la sola selezione di questi rispetto al genere deve essere dettata da una scelta a priori. Se dunque l’obiettivo è proporre al pubblico nomi di poetesse poco conosciute e considerate nel panorama letterario, allora la decisione non può essere contestata: si tratta di un atto necessario e utile ad ampliare lo sguardo univoco a cui spesso i nostri occhi sono sottoposti all’interno delle librerie. È inoltre necessario evidenziare che le autrici, sia in prosa che in poesia, sono portatrici di una visione differente della realtà che non può e non deve essere esclusa, ma che tuttavia non può essere definita superiore o inferiore rispetto ad un criterio solamente estetico.

L’urgenza di leggere i versi di queste poetesse è dimostrata ogniqualvolta una pagina di questa raccolta sfiora i nostri occhi. Oltre alle già note Maria Grazia Calandrone e Chandra Livia Candiani, vi è Gabriela Fantato che in parte condivide con la seconda, in alcuni versi, la tensione tra vita e morte.

«Noi siamo tra, / noi siamo dove / si aprono lettere casuali / si indirizzano saluti / vaghi e buoni per tutti / auguri, noi sopiti sempre / sotto i passi smaniosi […]»[5]

Altri tipi di tensioni si riscontrano anche tra le pagine di Alida Airaghi, che condensa in modo perentorio i sentimenti, e Isabella Leardini, focalizzata sul possesso e sulla privazione.

«I saluti da lontano sono quelli / che lasciano a lungo nei passi / il respiro di un abbraccio mancato. / Siamo fatti per avere il benedetto / puntiglio della morte negli addii?»[6]

Le dodici poetesse di questa raccolta

La natura, inoltre, ricorre nei versi a tendenza narrativa di Daniela Attanasio, ma anche in quelli di Antonella Bukovaz, che ricerca in essa la sua identità e la sua peculiarità geografica di donna di confine. La concretezza e l’elemento biografico ricorrono anche nei versi di Laura Liberale e di Rossella Tempesta. Interessanti le scelte grafiche dei versi di Giovanna Frene, una poetessa che si concentra spesso sull’importanza della memoria e riflette con forza su questioni necessarie e inderogabili. Infine, se Franca Mancinelli procede in una continua ricerca partendo da sé stessa, seppur senza trovare risposta ai suoi quesiti, Laura Pugno accompagna il lettore verso la ricerca di un significato ulteriore, ma partendo sempre dalla parola.

Da questa raccolta si evince e conferma per l’ennesima volta il valore della poesia: il cogliere da un segno su uno spazio bianco, apparentemente asettico, qualcosa che scorge l’animo del lettore e lo scalfisce. Anche se la poesia non sempre dona una risposta, induce ad una riflessione che molto spesso attendeva solo di essere rivelata.

«Il silenzio circonda la parola, / e il suo orizzonte, / invalicabile confine. / Aspetta in esso: è sola. / Costretta tra il suo inizio / e la sua fine»[7].

[1] Per un approfondimento a riguardo, è possibile trovare l’articolo completo qui: https://accademiadellacrusca.it/it/consulenza/donne-al-lavoro-medico-direttore-poeta-ancora-sul-femminile-dei-nomi-di-professione/1237#:~:text=L’introduzione%20di%20poeta%20al,%2C%20professora%2C%20studente%2C%20ecc.
[2] Affermazione di Jolanda Insana riportata nella tesi di dottorato di A. Zorat, La poesia femminile dagli anni settanta a oggi, anno accademico 2007 /2008.
[3] Interessante l’articolo pubblicato per Le parole e le cose (http://www.leparoleelecose.it/?p=6455).
[4] Giovanna Rosadini (a cura di), Nuovi Poeti Italiani 6, Einaudi, 2012, p. XII.
[5] Chandra Livia Candiani, Gli scalini, da Il sonno della casa, Ivi, p. 109.
[6] Isabella Leardini, versi tratti da La coinquilina scalza, Ivi, p. 183.
[7] Alida Airaghi, versi tratti da Il silenzio e le voci, Ivi, p. 14. 
 
Immagine di copertina: Giovanna Rosadini (a cura di), Nuovi Poeti Italiani 6, Einaudi, 2012

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