
Quando amiamo un luogo è spesso difficile trasferire nero su bianco le sensazioni che le sue vie, i suoi abitanti e i suoi edifici trasmettono al nostro animo. Michele Turazzi, invece, ci sorprende, guidandoci tra le strade di Milano e indicandoci la chiave per comprenderla in profondità, una chiave estremamente in antitesi con lo spirito caotico con cui la si identifica: prendersi del tempo perché Milano è una città che «non esibisce la propria bellezza, preferisce nasconderla, per poi svelarla soltanto a chi ha il tempo, la voglia e la capacità di saperla cercare»¹.
In questo percorso affascinante, il Duomo non è mai protagonista (ad eccezione di una breve citazione di Aldo Nove da Milano non è Milano): è infatti il simbolo adottato dai turisti, ma un luogo di passaggio per i milanesi. Per questi è qualcosa di scontato, immobile e permanente, che guardano di sfuggita passando per la piazza, nelle loro caotiche giornate. Tuttavia, uno sguardo più riflessivo alle sue guglie trasmette, nell’animo di chi le osserva, ricordi lontani e nostalgici ed un senso di infinito.
Come sempre, la letteratura offre spunti necessari e indispensabili: qui una schiera di autori ci guida con parole precise e evocative. Dalle vetrine scintillanti dei caffè Cova e Campari di Addio alle armi di Hemingway, antidoto contro le brutali immagini del fronte, a quelle bohémien, frequentate da aspiranti artisti, della Brera di Bianciardi, ad una Milano più riservata di Lalla Romano, alle contraddizioni della borghesia milanese mostrata da Gadda sino all’autenticità dei Navigli rivelata dai versi di Alda Merini.

Milano ha mille anime, e una di queste si trova nelle sue periferie, dal quartiere di Porta Comasina, al centro di Un amore e di Poema a fumetti di Buzzati, e a Lambrate dei romanzi di Scerbanenco, a quelle zone che mostrano le ferite della città e delle generazioni più giovani che la animano, come Parco Sempione al centro di alcune pagine di Testori, o alla periferia di Tadini. Milano è anche le contraddizioni dei piani urbanistici che spesso l’hanno travolta e stravolta, come mostra corso Garibaldi. È stato soprattutto il boom economico che negli anni Cinquanta ha determinato alcune scelte poco rispettose del passato di questa e di altre città. Tuttavia i milanesi si sono dimostrati consci dell’importanza delle proprie radici storiche e, negli anni Settanta, sono riusciti a bloccare questo progetto, determinando «una via senza senso, un inno alla confusione urbanistica»², come ben descrive Michele Turazzi.
Non mancano righe di memoria, quelle più appassionate ed emozionanti, di quella Milano bombardata e ferita nel profondo, nelle parole di Vittorini, Quasimodo e Savinio. Quest’ultimo mostra, in alcune righe datate 27 agosto 1943 e aggiunte alla bozza di Ascolto il tuo cuore, città, la forza di una città che aspira a rinascere dalle macerie e che caratterizza lo spirito di resilienza dei suoi abitanti:
«Giro tra le rovine di Milano. Perché questa esaltazione in me? Dovrei essere triste, e invece sono formicolante di gioia. Dovrei mulinare pensieri di morte, e invece pensieri di vita mi battono in fronte, come il soffio del più puro e radioso mattino. Perché? Sento che da questa morte nascerà una nuova vita. Sento che da queste rovine sorgerà una città più forte, più ricca, più bella. Fu allora, Milano, che in silenzio, tra me e il tuo cuore, ti feci la mia promessa. Tornare a te. Chiudere in te la mia vita. Tra le tue pietre, sotto il tuo cielo, tra i tuoi conchiusi giardini. Amen»³

In questo libro fortemente evocativo, dunque, cogliamo i mille volti di Milano, spingendoci a riscoprire le vie di una metropoli che nasconde le vite dei suoi abitanti, in parte svelate nelle preziose pagine di grandi autori e dall’abilità d’indagine di Michele Turazzi.