
I Rolling Stones sono immortali? Che problemi avevano Lennon e McCartney? I Pink Floyd litigavano davvero per soldi?
Spesso tendiamo a mitizzare le storie vissute dai grandi del nostro tempo, e forse ancor più se appartengono al passato, dove la maestosità dei personaggi viene naturalmente amplificata dalla seducente aurea che li avvolge, dipinta con grazia dal tempo che passa.
L’universo della narrazione, cuore pulsante della gigantesca macchina dell’intrattenimento, ama tutto questo, e quando può lo incentiva.
La comunicazione vive per mezzo di storie commoventi, talvolta opposte ai fatti reali, per interrompere il velo uniforme della monotonia, lasciando spazio ai sogni.
La nostra storia inizia proprio da qui e, come nei migliori racconti, sono presenti tutti gli ingredienti necessari: l’iniziale smarrimento, una serie di peripezie avvincenti, il momento di tensione tra i personaggi, la risoluzione del problema e la magia del lieto fine.
I protagonisti in questione sono due ragazzi, Solemn Brigham e L’Orange, i quali appartengono a due vite distinte, e che percorrono i binari paralleli di un lungo sentiero scosceso. Solemn viene da una cittadina di periferia nel North Carolina, un luogo che sta cambiando in fretta e nel quale spesso non si riconosce più, L’Orange, invece, nonostante la giovane età, lavora in uno studio di produzione musicale, che però è uniformemente popolato da individui poco inclini ad una vita sobria e tradizionale, ambiente che causa al giovane non pochi problemi.
Un giorno, nell’ormai lontano 2008, L’Orange sente per caso un ragazzo fare freestyle con i propri amici, lo ascolta con attenzione e rimane colpito. Inutile sottolineare che il talento in questione era un freschissimo Solemn Brigham, il quale non aveva mai pensato alla musica se non come passatempo per divertirsi con la propria compagnia.

I due quindi si conoscono, si frequentano, e iniziano a collaborare. Nel giro di qualche anno fonderanno un duo, dal nome “Marlowe”, con il quale pubblicano un primo disco omonimo, poi si sciolgono, litigano, si riappacificano e pubblicano un secondo album, “Marlowe II”.
Tutto è bene quel che finisce bene. Ma come suonano? Sanno scrivere? Parliamoci chiaro: avranno successo?
Frena Cowboy! Tra un attimo parliamo anche di musica, promesso.
Ciò che mi affascina di questa storia, e penso sia uno dei motivi principali per il quale adoro l’ambiente artistico nonostante la follia e i mille problemi che lo caratterizzano, è la cruda e naturale semplicità con la quale le cose accadono.
Nonostante la mia (ormai relativa) giovane età, ho assistito ad alcuni avvenimenti simili e di cento altri ne ho sentito parlare. Essi presentano spesso affinità, ma bisogna costantemente tenere a mente una cosa importante, ovvero che, citando il professor Barbero, “gli avvenimenti non si ripetono”.
Le situazioni possono essere comparabili, l’esperienza insegna, ma ciò che crea veramente la magia che l’ascoltatore finale riterrà poi tale sono gli imprevedibili e univoci incastri che si creano grazie alla inscindibile singolarità di ogni artista in quanto persona. Tutto questo mi meraviglia ogni volta perché, nonostante il contesto sia simile, la connessione tra le persone è l’unica vera chiave generativa.
Così torniamo al nostro mitico duo, che esemplifica al meglio questo concetto: un ragazzino che fa freestyle con i propri amici può essere inteso come un gioco, una semplice sfida, oppure l’inizio di una potenziale carriera, se udito dalla persona giusta. Specialmente poi se la situazione si trasforma in una prolifica amicizia che, grazie ad una collaborazione sinergica e affiatata, trasforma un sentimento comune in due dischi splendidi.

Come facilmente deducibile dalle parole precedenti, i ragazzi sanno decisamente il fatto loro. L’Orange è diventato ormai un produttore piuttosto celebre nell’Hip Hop Underground, e non mi stupirei se tra qualche anno dovesse lavorare a qualche progetto mainstream di portata internazionale. Le strumentali che firma sono davvero davvero buone, è abilissimo con il campionamento e sceglie i propri progetti con grande attenzione (Spotify ha creato una playlist con i suoi lavori più celebri e la puoi trovare qui).
Solemn Brigham invece si occupa della controparte, alternando una scrittura molto personale e spesso autobiografica a flow serrati, talvolta complessi che, in più di un’occasione, svoltano il pezzo (quindi si, sono d’accordo con la prima impressione di Mr L’Orange, il ragazzo ha talento da vendere, lavora parecchio e mette l’anima in ogni pezzo).
Marlowe II è datato Luglio 2020, mentre l’ultimo lavoro del rapper americano ha soltanto una settimana di vita, si chiama “South Sinner Streets” ed è il primo e vero album d’esordio solista per Brigham, il quale non abbandona del tutto il magico duo, che torna a gran voce con il pezzo “The Lore”.

Consiglio quindi tutti e tre i dischi citati fin ora, Marlowe, Marlowe II e South Sinner Streets, ma lascio anche qualche canzone di riferimento qui qui e qui, tanto per iniziare ad assaggiare qualcosa.