Ritratto in acquerello di Mario Rigoni Stern che osserva lo spettatore con il mento appoggiato sulla mano.

Cento anni di Mario Rigoni Stern

A cento anni dalla nascita dell’autore il messaggio trasmesso nei suoi libri è oggi più attuale che mai: parla di pace, fratellanza, ecologismo e soprattutto di coraggio, quello che serve per seguire la propria coscienza, tracciare una propria rotta e dire qualche «no».

Se il primo appuntamento con la figura dello scrittore era dedicato a chi con il suo bellissimo lavoro ha voluto ricordare la sua biografia a cento anni dalla nascita (qui l’articolo), questo secondo e ultimo ha intenzione di ricostruire il suo messaggio, distribuito su molti libri, che oggi si rivela più attuale che mai. In questo senso lo scopo e la speranza di chi scrive è che questo sia uno spunto per leggerlo (o ri-leggerlo) e per rifletterci sopra.

L’Opera di Rigoni Stern non può essere letta senza tener conto della sua esperienza personale (qui la biografia completa): le esperienze traumatiche della guerra e dell’internamento per venti mesi in lager; il rifiuto di proseguire la carriera nell’esercito; la difficoltà, propria e anche di altri sopravvissuti fra cui l’amico Primo Levi, ad integrarsi nella vita normale; l’incontro con la tanto amata Natura del suo Altipiano; la vita “normale” e poi ancora la vita da scrittore, il successo letterario…

Di questi tanti vissuti non si può parlare se non considerandoli nella loro interdipendenza: non ci sarebbe stata guerra senza il culto del Capo di cui il diciassettenne Rigoni, volontario, era imbevuto e parimenti non ci sarebbe stato il sopravvissuto senza il rifiuto della guerra con quel “no” alla repubblica di Salò pronunciato all’indomani dell’armistizio; senza guerra e senza sopravvissuti non ci sarebbe stato il Rigoni scrittore, e non ci sarebbe stata una Natura a dargli la pace del ritorno a casa.

Il fatto che troppo spesso questa correlazione tra guerra e pace, tra trauma e metabolizzazione, non sia riconosciuta tra le pagine dei suoi scritti merita attenzione: la pace appare all’occhio poco attento un epilogo, la metabolizzazione un’appendice. E invece quest’ultima, così come la pace, è un nuovo viaggio, un ritorno, una conquista dura e dolorosa tanto quanto i passi nella steppa russa verso Nikolajevka.

In questa prospettiva non sembra assolutamente essere un caso che subito dopo il successo di pubblico e critica del “Sergente nella neve” (1953) sia arrivata la raccolta di racconti “Il bosco degli Urogalli” (1964) e non, per esempio, “Quota Albania”, che vedrà la luce solo molti anni dopo (1971), così come vedranno la luce molto più tardi ancora i racconti che parlano dell’esperienza nel lager. In altre parole non è un caso che dopo la Russia ci sia l’Altipiano ben prima della Francia, dell’Albania e della Germania, così come non è un caso che nella stessa esperienza di guerra del “sergente nella neve” si possano trovare sprazzi di pace negli attimi più drammatici (è giusto ricordare, tra gli altri, il momento in cui nel pieno della battaglia di Nikolajevaka il soldato Rigoni Stern venne accolto in un’isba a mangiare alla stessa mensa dei soldati russi con cui stava combattendo).

Illustrazione di un tramonto invernale in un bosco con tre figure che si muovono nella neve fuori da una casa.
Tramonto d'inverno.
Illustrazione di Anna Maria Stefini.

Ne risulta che quanto esce dalla penna di Rigoni Stern non solo è schietto e sincero, espressione sicuramente di un tratto caratteriale, ma (e forse questo è il dato più prezioso del suo scrivere) pieno di un’umanità semplice, fragile e dal respiro collettivo. Questa fragilità, che potrebbe essere quella di un fiore, delle stagioni o delle api che tanto amava curare, è lo specchio dentro al quale il lettore si vede, e dentro al quale noi tutti, che vivaddio non abbiamo vissuto le atrocità della guerra, dobbiamo osservarci per capire sia il significato e l’importanza del nostro essere liberi e in pace, sia la forza intrinseca di quelle cose fragili come noi, di quelle cose che ogni anno muoiono e rinascono. E dalle quali abbiamo tanto da imparare.

Così il messaggio che uno scrittore centenario ci trasmette anche a distanza di tempo, un messaggio che parla di cose fragili e che sembrerebbe essere flebile anch’esso, in realtà si rinnova con il procedere ciclico delle crisi e degli avvenimenti che siamo chiamati a sostenere e ad affrontare.

Siamo nel 2021: il mondo viene da ormai quasi due anni di pandemia; la miseria imperversa; le guerre le combattiamo ancora (per quanto ci piaccia dimenticarcene); quella natura che dovremmo curare per averne in cambio la medesima cura viene sottomessa alla vanità del denaro, violentata e deturpata; l’Unione Europea ha molte crepe che scricchiolano; l’idea di una fratellanza solidale e globale è più uno spauracchio che un’ambizione; la nostra coscienza spesso tace sotto il peso della necessità, o della convenienza, o dell’individualismo.

Questi sono i nostri traumi, e questi sono i fardelli. L’esperienza di Mario Rigoni Stern, che questi nostri fardelli li aveva già chiamati per nome nei suoi ultimi interventi pubblici, ci insegna oggi che essi devono essere sostenuti sulle nostre spalle non come un semplice peso, ma controbilanciati con il passo di una nuova partenza. Da qui il significato profondo del ritornare, da qui il significato profondo di quei colpi di fucile che diventano colpi di scure (nel racconto “La scure” in “Ritorno sul Don”), di quelle donne e quei bambini massacrati nella neve che: «non voglio guardare, ma loro ci sono anche se io non guardo» (“Il sergente nella neve”, p.117). Dall’orrore per i morti e per i colpi di fucile nasce la volontà di cambiamento, la volontà di un’Europa, di un mondo di pace che affonda le sue radici nella consapevolezza, come ricordava anche in questa intervista.  

La lezione che ancora oggi questo autore ci trasmette è che tutto nasce dalla coscienza di un «no»; sta a noi chiederci quale vuole essere il nostro «no» e quando ci decideremo a pronunciarlo.

illustrazione di tre sequenze raffiguranti, dall'alto al basso, Mario Rigoni Stern a letto affacciato sui suoi boschi, l'immagine di un lager con i mitragliatori spianati, l'immagine dei pascoli dell'altipiano di Asiago.
Illustrazione di Anna Maria Stefini tratta dal racconto "La scure"

Link utili

Se non avete mai letto un libro di Mario Rigoni Stern qui potete trovare delle idee per cominciare 

Immagine di copertina: Ritratto di Mario Rigoni Stern. Illustrazione di Anna Maria Stefini.

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