Immagine in bianco e nero che rappresenta il viso di una donna con appoggiati gioielli vistosi di Dalì, per esempio una bocca di perle e rubini appoggiata sulla sua bocca

Gioielli d’autore

Piccoli eccezionali manufatti prodotti da esponenti di cubismo, arte pop e femminista, arte cinetica, spazialismo e surrealismo, specchio della storia dell’arte del Novecento

Espressione di femminilità o di potere maschile, puro ornamento, segno di regalità e ricchezza o semplice elemento simbolico: questo e altro ha rappresentato il gioiello nella storia dell’umanità. Esso esiste da che esiste l’essere umano, carico di significati e poteri quasi magici.
C’è un fenomeno eccezionale e diffuso ma molto poco conosciuto, ovvero quello della produzione di gioielli d’artista da parte di alcuni tra i più grandi maestri dell’arte del Novecento: sculture o pitture da indossare, espressione dell’eclettismo di questi artisti, che rispettano organicamente la loro poetica, con la stessa attenzione al dettaglio e la stessa cura dell’opera d’arte più “classica”. Piccoli oggetti da portare sempre con sé o da conservare gelosamente nei propri scrigni, manifesto stesso dell’ideale artistico di personaggi fondamentali per la storia dell’arte, quasi il simbolo, il riassunto conciso di tutta una vita artistica.

In Italia uno dei principali produttori di opere di gioielleria d’artista fu GianCarlo Montebello. Egli, dopo i primi approcci con il mondo dell’arredamento e l’entrata in contatto con importanti architetti quali Carlo Scarpa, Achille e Pier-Giacomo Castiglioni, nel suo laboratorio milanese di metallurgia avviato nel 1967 con la moglie Teresa Pomodoro realizzò sotto la sigla GEM edizioni limitate per più di cinquanta famosissimi artisti come Lucio Fontana, Cesar, Man Ray, Hans Richter, Piero Dorazio, Larry Rivers, Sonia Delaunay, Niki de Saint Phalle. Quest’ultima (1930-2002), celebre artista autodidatta e poliedrica per metà francese e per metà americana, è conosciuta soprattutto per le audaci immagini, introdotte negli anni Sessanta, delle cosiddette Nana. Queste donne formose, simbolo di femminilità e prosperità, che allegre e giocose ballano con serpenti attorcigliati, si ritrovano anche nei suoi gioielli, derivati proprio dalla sua arte Pop e quasi naïf, dal sapore ancestrale, per certi versi riconducibile al lavoro di Jean Dubuffet, il fondatore dell’Art Brut.

Collage di fotografie che mostrano dei gioielli di Niki de Saint Phalle a confronto con le sue opere: scultura di donna formosa e coloratissima, una collana colorata con una donna che pesta un uomo, un bracciale a forma di serpente, la fotografia dell’artista con un serpente colorato disegnato in faccia e un serpente scultura, dei gemelli a forma di serpente
In senso orario: Spilla e collana Nana con spilla a forma di uomo removibile in oro 18k e smalto dall’edizione del 1975 firmata da Niki de Saint Phalle con marchio Gem Montebello, Credits The Jewelry Loupe; Niki de Saint Phalle, Nana Boa, 1983, resina in poliestere, vernice poliuretanica e foglia d’oro, 228 × 120 × 87 cm, credits Artsy.net; Bracciale apribile modello Serpentine in metallo dorato e smalto multicolore, 1982, credits Collector Square; Gemelli Serpente (1971/2015), oro verde e rosa 18k e smalti, Credits Louisa Guinness Gallery; Fotografia rappresentante Niki de Saint Phalle e un serpente.

Anche i preziosi oggetti di gioielleria realizzati da Lucio Fontana rispecchiano perfettamente le sue più famose opere artistiche. I tagli e i buchi, simboli dell’apertura verso uno spazio ulteriore e celebri simboli della poetica dell’artista, si ritrovano perfettamente adattati a tali raffinati manufatti, soprattutto nei suoi bracciali.

 In Francia, il gioielliere François Hugo (pronipote del grande Victor Hugo e disegnatore di bottoni per Coco Chanel e Christian Dior a fine anni Quaranta) collaborò, alla fine degli anni Cinquanta, con Pablo Picasso alla realizzazione di splendidi oggetti soprattutto in oro, perfettamente in stile cubista (nell’immagine 2 in basso). Ma già prima di tale collaborazione commerciale, Picasso aveva prodotto dei gioielli rimasti sconosciuti fino alla morte di Dora Maar, sua amante, che li conservava gelosamente ovunque nella sua casa, in vecchie scatole delle scarpe o sotto al letto: si trattava di anelli, orologi, quattro pendenti, una spilla e cornici contenenti ritratti in miniatura di Dora, così simili al suo celebre ritratto ora conservato al Musée National Picasso di Parigi.

collage di fotografie che mostrano due gioielli con al centro dei ritratti colorati e cubisti di donna messi a confronto con un ritratto di Picasso sempre di donna molto colorato e sotto un medaglione a forma di pesce stilizzato d’oro
In senso orario: Pablo Picasso, Ritratto di Dora Maar in inchiostro e matita colorata incastonato in anello di oro giallo lavorato e bande in lacca colorata, ca. 1936-1939, credits The Jewelry Loupe; Pablo Picasso, Ritratto di Dora Maar, 1937, olio su tela, 92x65 cm, Parigi, Musée National Picasso; Pablo Picasso, Dora Maar au foulard, disegno a matita incastonato in grande spilla in acciaio traforato con bordo in falsa marcasite, ca. 1936-1939, credits The Jewelry Loupe; Pablo Picasso, Poisson, Pendente in oro realizzato da François Hugo su disegno di Pablo Picasso.
Credits Sotheby’s

Più celebre è invece la vicenda legata ai gioielli dell’artista statunitense Alexander Calder, che s’incrocia con l’azione di collezionismo e mecenatismo di Peggy Guggenheim. Per lei l’esponente dell’arte cinetica realizzò un paio di orecchini con elementi in ottone in equilibrio su un filo d’argento, sempre in movimento, che la miliardaria indossò all’inaugurazione della sua galleria newyorkese Art of This Century il 20 ottobre 1942 insieme a quelli sempre per lei confezionati da Yves Tanguy, costituiti da minuscoli dipinti surrealisti. Il fatto d’indossarli insieme rappresentò il manifesto stesso di supporto imparziale della collezionista ad entrambe le correnti: sia l’Astrattismo che il Surrealismo.

Collage di fotografie rappresentanti una donna che indossa orecchini vistosi composti da laminette di ottone e la stessa donna con orecchini realizzati da ovali dipinti, in alto a confronto con un’opera scultorea formata da tante forme colorate appese a dei fili
In senso orario: Fotografia di Peggy Guggenheim che indossa gli orecchini per lei realizzati da Alexander Calder in ottone e filo d’argento (1938 c.), Credits Pinterest; Alexander Calder, Croissant jaune, 1966, lamiera dipinta, aste metalliche e filo d'acciaio, Fondazione Solomon R. Guggenheim, New York, Credits Peggy Guggenheim Collection; Peggy Guggenheim con gli orecchini realizzati per lei da Yves Tanguy, anni ’50, Fondazione Solomon R. Guggenheim, Photo Archivio CameraphotoEpoche, donazione, Cassa di Risparmio di Venezia, 2005, Credits Artribune; Yves Tanguy, Orecchini realizzati per Peggy Guggenheim, 1938 c., argento, oro, perle e olio su conchiglia (dipinto su conchiglia con montature in oro e argento), Fondazione Solomon R. Guggenheim, New York.
Credits Peggy Guggenheim Collection

«Il mio obiettivo è mostrare l’arte della gioielleria nel suo vero significato. Design e artigianato dovrebbero costare più delle pietre preziose e dei metalli»

così scriveva l’artista di fama mondiale Salvador Dalì, che tra gli anni Quaranta e Settanta, in collaborazione con i gioiellieri Ertman e Alemny, realizzò una collezione unica di gioielli in oro con l’utilizzo di moltissime pietre preziose, dalle forme fantasiose, stravaganti e immaginifiche, così come i suoi quadri (si veda l’immagine di copertina). Per l’artista spagnolo surrealista l’oro era una celebrazione dell’anima, un segno di purezza da rappresentare nelle sue opere come garanzia di eternità e opportunità per essere in armonia con il Cosmo. I suoi gioielli prendono le forme emblematiche di occhi, bocche, telefoni, animali fantastici, foglie antropomorfe o cuori.

Come si può vedere, l’anima dell’artista nel Novecento e la sua poetica si concretizzano a tutto tondo: possono parlarci attraverso un quadro, attraverso una scultura, attraverso le loro parole, ma anche attraverso creazioni più minute, intime e destinate a persone ben precise; trinomio questo che ha trovato il suo esito naturale nella gioielleria.

Immagine di copertina: Un’immagine del 1959 che mostra Madelle Hegeler che indossa i gioielli di Dalì Mano venata di foglia, Labbra di rubino con denti di perla, Orologio a spilla Eye of Time e Corset Ring, a destra The Eye of Time da Sotheby’s. Credits Getty and Sotheby’s

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