
È venerdì mattina, 30 settembre 2022. Ouagadougou, la capitale del Burkina Faso, si sveglia con le strade piene di soldati. Entro sera, un gruppo di militari annuncia via televisione nazionale un colpo di stato. “Ma come, non c’erano già i militari al potere?” – si chiede qualcuno. Ha ragione: c’erano già, ma ora ce ne sono altri. La memoria scorre rapida verso l’anno passato nel vicino Mali. Il 24 maggio 2021, il presidente – un ex militare salito al potere dopo un colpo di stato – viene arrestato e deposto dalle forze armate. In entrambi i casi non si tratta di un banale golpe, il termine usato spesso per definire un colpo di stato. Gli analisti lo definiscono “un golpe dentro a un golpe” – un colpo di stato a matrioska, insomma. Come è potuto succedere? Le storie di questi due paesi sono parallele ma diverse allo stesso tempo.
Mali
Per il Mali, la storia che conduce agli eventi degli ultimi anni risale al 2012. Una ribellione armata imperversa nel nord del paese, con vari gruppi jihadisti che guadagnano terreno contro le forze armate. I ribelli si muovono rapidamente verso sud, avvicinandosi minacciosamente alla capitale Bamako. Il governo maliano chiede alla Francia di intervenire, e viene accontentato. Grazie al supporto esterno, la minaccia immediata di caduta della capitale è scampata. Comincia però un conflitto che è destinato a durare anni.
Otto anni dopo, è agosto 2020 e il presidente in carica Ibrahim Boubakar Keita è stato rieletto da poco. La situazione nel paese, però, è problematica. Da giugno ci sono proteste regolari contro il governo. Il conflitto con i jihadisti continua a mietere vittime, l’economia è in sofferenza, e il governo è frequentemente accusato di corruzione. Il paese è in subbuglio.
La mattina del 18 agosto, un gruppo di soldati decide di eseguire un colpo di stato, arrestando il presidente e alti funzionari di governo. Una buona fetta di popolazione scende in strada per chiedere le dimissioni del presidente, che arrivano a mezzanotte. Un gruppo di colonnelli, guidati da Assimi Goita, si autoproclama alla guida del paese. Dopo lunghi negoziati, la nuova giunta stabilisce un periodo di transizione di 18 mesi. Bah Ndaw, un ex militare, è nominato presidente, con Goita suo vice. Vari movimenti che avevano guidato le proteste contro l’ex presidente Keita mandano segnali di supporto per il nuovo governo, che comincia il suo mandato.
La convivenza tra militari e forze politiche all’interno del governo di transizione, però, non è facile. Fuori dalla capitale, il conflitto continua in molte aree del paese. A Bamako, alcune delle forze politiche che avevano supportato il governo di transizione ne chiedono un altro, diverso. Il nuovo governo inaugurato il 24 maggio, però, dura solo poche ore. Due figure chiave della giunta militare vengono lasciate fuori dal nuovo governo, e Goita si lamenta di non essere stato consultato nelle decisioni. Nel giro di poco tempo, Bah Ndaw viene deposto dalle forze armate, che riprendono pieno controllo della transition. Goita prende il comando. È il primo colpo di stato a matrioska nel Sahel.

Credits: Michele Cattani / AFP
Burkina Faso
All’inizio del conflitto in Mali nel 2012, il Burkina Faso gode di relativa stabilità, tanto da provare a mediare (senza successo, purtroppo) il conflitto in casa del suo vicino. Questa stabilità, però, non vive a lungo. Nel 2015, l’insurrezione jihadista attiva nei paesi limitrofi si espande al Burkina Faso. In sei anni, il conflitto che ne risulta miete più di 7,500 vittime e forza 1.6 milioni di persone a fuggire da casa loro. In aggiunta, il governo è accusato di corruzione e nepotismo, esacerbando lo scontento della popolazione.
Un grosso attentato contro un avamposto della polizia militare a Inata è la goccia che fa traboccare il vaso: i militari decidono di agire. Il 24 gennaio 2022, le forze armate depongono il president Roch Marc Christian Kaboré, uno dei pochi presidenti nella storia recente del Burkina Faso a non avere legami con i militari. Il tenente colonnello Paul-Henri Sanadogo Damiba, recentemente promosso da Damiba per combattere i gruppi jihadisti, prende la guida del paese. Come in Mali, parte della popolazione, insoddisfatta dal governo, scende in strada e celebra il cambio di volto al potere. Come in Mali, dopo duri negoziati la giunta inaugura un periodo di transizione – questa volta di tre anni – prima delle prossime elezioni. Come in Mali, la transizione dura meno del previsto.
La giunta militare ha promesso un cambio di rotta forte, ma i risultati tardano ad arrivare. Il conflitto continua, e il governo perde ulteriore terreno nello scontro contro i jihadisti. I militari – in particolare quelli impegnati direttamente al fronte – sono insoddisfatti del loro leader, accusato tra le altre di prendere decisioni da solo. Ed è così che, venerdì 30 settembre, la macchina del golpe si rimette in moto. Questa volta alla testa c’è un giovane ufficiale di rango relativamente basso, il capitano 34enne Ibrahim Traoré. Dopo un paio di giorni di confusione, Damiba si arrende e accetta il passaggio di potere. Il secondo golpe matrioska nel Sahel si è concluso – almeno per ora.

Credits: Radio Télévision du Burkina
Chi di golpe ferisce, di golpe perisce
Sono queste le storie dei due colpi di stato a matrioska del Sahel. In entrambi i casi, l’inabilità del governo in carica a risolvere i problemi del paese crea le condizioni per un golpe militare. In entrambi i casi, però, la nuova giunta militare fatica a risolvere velocemente questi problemi, e le tensioni tra vari gruppi (tra militari e movimenti politici in Mali, tra varie fazioni delle forze armate in Burkina Faso) crescono. Il risultato è un altro colpo di stato in entrambi i paesi.
Osservando queste due storie, si può forse dire che l’avvento dei militari al potere difficilmente risolve le cause profonde delle crisi affrontate dai paesi in questione. Al contrario, un colpo di stato rischia di aprire la porta al successivo, una volta che i militari sono entrati con maggiore forza nella scena politica del paese. Cambiano i governanti, quindi, ma intanto la combinazione di conflitto e povertà continua ad affliggere buona parte della popolazione del Mali, del Burkina Faso, e dell’intera regione del Sahel.
Nota: Le opinioni espresse nell’articolo sono solamente quelle dell’autore, e non riflettono necessariamente quelle di Echo Raffiche o di istituzioni a cui l’autore è affiliato.
Immagine di copertina: Manifestanti a Ouagadougou (Burkina Faso) inneggiano ad Assimi Goita (sx) e Paul-Henri Sanadogo Damiba, leader delle giunte militari in Mali e Brukina Faso.
Credits: Olympia de Maysmont / AFP