
Il quartiere del Carmine a Brescia ha visto negli ultimi anni cambiamenti radicali che lo stanno pian piano trasformando in una delle zone più frequentate della città, soprattutto dai giovani. Il processo di gentrificazione ha rotto la situazione di isolamento che l’ha sempre caratterizzato, a beneficio soprattutto degli esercenti dei molti bar e locali. Questo cambiamento radicale rischia però di portare con sé un effetto collaterale: la cancellazione della memoria partigiana e resistente del Carmine.
Per la scrittura di questo articolo ho preso spunto dal saggio storico “Il Carmine ribelle” di Marco Ugolini.
Carmine proletario
Oggi il Carmine viene visto come presente e futuro della movida bresciana ma, chiedendo alle generazioni precedenti, spesso ci si trova davanti ad un ricordo molto diverso del quartiere: degrado urbano, prostituzione e criminalità. Non risale a tanti anni fa la sensazione di pericolo che molti abitanti della città e della provincia provavano pensando a questa zona.
Ma questa concezione del Carmine è sempre esistita o segue un processo di isolamento e repressione degli abitanti del quartiere?
A partire dal 1100, la presenza di fiumi permette lo svilupparsi di attività manifatturiere e rende questa zona il centro della fioritura economica bresciana. Il Carmine vede numerose attività artigianali mentre la vicina zona Pescherie, dove oggi sorge piazza Vittoria, è importantissima per il settore del pesce.
Nel 1512 il Carmine è l’ultimo ad arrendersi ai francesi dopo la resistenza popolare guidata da Valerio Paitone, dimostrando come già allora lo spirito resistente del quartiere fosse molto attivo. Famosissima è la scena dell’arresto di Ventura Fenaroli, per mano dell’esercito guidato da Gaston de Foix, sul sagrato della chiesa di Santa Maria del Carmine.

Fino al 1700 assistiamo ad una storia di crescita economica destinata presto a finire. A causa dell’involuzione del commercio inizia la tendenza a razionalizzare e decentrare i luoghi produttivi determinando il peggioramento delle condizioni di vita delle classi popolari. Con il governo napoleonico avviene la confisca dei conventi dei frati Carmelitani e Benedettini, molto attivi nell’opera assistenziale alle classi più basse. Successivamente la liberalizzazione del mercato dei prodotti alimentari imposto dagli Austriaci sancisce il superamento del cibo a prezzo calmierato peggiorando le abitudini alimentari dei proletari. Infine dalla seconda metà dell’Ottocento le principali attività industriali vengono spostate in aree extraurbane. I canali, su cui si fondavano i lavori degli abitanti del Carmine, vengono coperti per questioni igieniche.
Cambia anche la composizione sociale del quartiere: oltre ai piccoli commercianti e artigiani, il Carmine diventa rifugio di mendicanti, disoccupati e prostitute. L’aumento della popolazione e della povertà provoca maggiore degrado, determinando un aumento del vagabondaggio tra i ragazzi, dell’alcolismo fra le classi lavoratrici e all’abbandono dei neonati.
La durissima situazione di crisi in seguito alla prima guerra mondiale porta, a Brescia come in tutta Italia, a moti per il carovita che sfociano poi nel “biennio rosso” (1919-1920), una serie di lotte operaie che portarono all’occupazione di varie fabbriche.
La natura proletaria del Carmine lo porta a questo punto ad essere considerato un covo di comunisti, anarchici e socialisti e spiega anche il perché sia stato il bersaglio principale degli squadristi fascisti.
I luoghi
Girando il Carmine alla ricerca di un bar, sarebbe interessante ogni tanto guardare quei luoghi immaginando il vissuto e l’importanza che ebbero negli anni del fascismo.
Il luogo di aggregazione principale per i primi antifascisti, dal 1922 al 1924, è la Casa del popolo, nel palazzo Zoppola in via Marsala. Principale promotore del circolo è il deputato socialista Domenico Viotto.
Subito diviene luogo di numerosi attentati e occupazioni da parte degli squadristi. Nel marzo del 1923 avviene uno dei fatti più gravi: l’Unione cooperativa di consumo, principale finanziatore della Casa del popolo, viene commissariata e fascistizzata, iniziando a pretendere il pagamento del debito che la Casa ha con loro.
Nel marzo del 1924 Viotto decide di vendere a Gabriele D’Annunzio, che si sarebbe impegnato a estinguere le passività. La nomina di un Commissario prefettizio fa infuriare il poeta tanto che decide di rivolgere direttamente una lettera a Mussolini.
La beffa costa cara a Viotto: una squadra di camicie nere lo aggredisce violentemente nella sua casa e gli intima di allontanarsi dalla città entro otto giorni.
Sorseggiando un caffè in piazza Vittoria, si potrebbe immaginare come fosse a quei tempi la zona delle Pescherie.

Durante il fascismo la crisi abitativa nei quartieri popolari è a livelli insostenibili. Il Piano regolatore del 1927 prevede la demolizione del quartiere delle Pescherie per edificare una nuova piazza. Per gli sfollati viene creata un’imponente baraccopoli nell’area di Ponte Crotte in cui sono costretti a vivere in condizioni sociali e igieniche pessime. Doveva essere una situazione temporanea ma si protrassefino agli anni Sessanta.
Fortunatamente il progetto si limita a piazza Vittoria e non mette in atto le altre “sistemazioni” previste, come l’abbattimento del Carmine.
Passando oggi in piazza Rovetta è difficile immaginare quattro cadaveri lasciati lì, per ore, come deterrente per gli antifascisti.
Nella notte tra il 12 e il 13 novembre 1943, in rappresaglia alla crescente organizzazione dei Gruppi di Azione Partigiana, una trentina di poliziotti con al seguito militi fascisti setacciano il Carmine con una lista di nemici del regime. L’operaio Arnaldo Dall’Angelo viene prelevato dalla sua casa in corso Mameli. In via fratelli Bandiera i fascisti cercano l’operaio comunista Giuseppe Andrini ma da una finestra si affaccia un altro uomo, Guglielmo Perinelli, che viene fucilato al suo posto. In mezzo a via San Faustino viene massacrato Rolando Pezzagno. Mario Donegani invece viene creduto morto in via Alessandro Volta ma fortunatamente riesce a sopravvivere e fuggire. Nella stessa notte a Sarezzo viene fucilato l’operaio antifascista Luigi Gatta.

Il Carmine è un luogo dalla storia tragica ma anche fortemente fiera, sempre ribelle e resistente. Che cosa rimane di tutto questo nel momento in cui la sua eredità viene sradicata per renderlo un quartiere come un altro del centro città?
Alcune realtà ancora resistono e raccontano questa storia ribelle, dall’emittente Radio Onda d’Urto al Circolo Anarchico Bonometti, oltre alla sezione Caduti di Piazza Rovetta dell’ANPI Brescia.
C’è bisogno di rendere questo passato il più attuale possibile smettendo di raccontarlo al passato. Il Carmine è e sarà sempre ribelle.
Immagine di copertina: Antonio Tagliaferri, rappresentazione ottocentesca della chiesa di Santa Maria del Carmine.