Un rappresentante della FIFA tiene in una mano la coppa del mondo e nell’altra una maschera. Sullo sfondo piovono banconote.
Il Qatar è stato accusato di innumerevoli violazioni dei diritti umani nel preparare il mondiale. Ma quante responsabilità ha la FIFA a riguardo? Spoiler: ne ha tantissime.

I mondiali di calcio edizione Qatar 2022 sono in pieno svolgimento. Come forse mai nella storia della massima competizione tra nazionali calcistiche, sono stati preceduti da scandali e accuse politiche prima ancora che sportive. Tra gli altri Human Rights Watch e Amnesty International hanno realizzato innumerevoli report in cui evidenziano le violazioni dei diritti dei lavoratori stranieri impegnati nella costruzione delle infrastrutture che ospitano l’evento, assieme a quelli delle donne, della comunità LGBTQA+ e della libertà di stampa. Anche alcune federazioni calcistiche si sono spese nel denunciare queste violazioni, portando fin sul campo striscioni e simboli in favore del rispetto dei diritti umani (ne avevamo qui parlato ancora nel 2021). Ma chi ha permesso e come che il piccolo emirato si aggiudicasse l’organizzazione del torneo? Il principale responsabile è la FIFA, vediamo perchè.

Bisogna intanto sottolineare che l’inizio della competizione ha silenziato denunce e proteste. I mondiali restano l’evento sportivo più seguito al mondo e lo spettacolo offerto sui campi da gioco ha l’effetto di stendere un velo che copre ogni questione non strettamente calcistica. Ciò diventa evidente man mano che il torneo avanza: dopo i primi giorni in cui nazionali come Germania e Iran si erano esposte su tematiche strettamente politiche, i gesti dimostrativi si sono finora azzerati. La FIFA, la federazione che da oltre un secolo governa incontrastata il calcio mondiale, ha avuto un ruolo chiave nel mettere a tacere le proteste. Ha infatti vietato alle squadre di esporre qualsiasi simbolo potesse ricordare il rispetto dei diritti umani e ha invitato il mondo del calcio, per bocca del proprio presidente Gianni Infantino, a non occuparsi di politica, tacciando addirittura di ipocrisia chi denunciava gli abusi passati e presenti dei diritti umani in Qatar.

Striscione di protesta con la scritta “Boycott Qatar 2022” esposto dai tifosi del Borussia Dortmund
Uno striscione di protesta esposto dai tifosi del Borussia Dortmund.
Credits Ina Fassbender/AFP/Getty.

D’altronde il mondiale qatariota è un’ottima vetrina per fare luce sulla storia della FIFA. Il Qatar infatti è solo l’ultima di una serie di scelte torbide e intrecciate a doppio filo con le politiche internazionali. L’assegnazione del mondiale avvenne nel 2010, insieme a quello del 2018 andato poi alla Russia, altro stato già all’epoca non esattamente in prima linea nel rispetto di diritti e minoranze. Come riferisce il Guardian, dei 29 rappresentanti presenti alla votazione per la scelta del paese ospitante, 28 sono stati indagati a vario titolo per corruzione e praticamente tutti sono stati costretti a lasciare la FIFA. Tra essi vi era l’ex presidente della federazione stessa: Sepp Blatter, per quasi vent’anni vero padrone del calcio mondiale, pentito solo fuori tempo massimo della decisione di assegnare i mondiali al Qatar (puoi approfondire qui).

A peggiorare, se possibile, l’immagine della FIFA, oltre alle numerose indagini per corruzione, in cui si parla addirittura di presunti accordi segreti tra l’allora presidente francese Sarkozy ed il governo del golfo persico (qui l’inchiesta di Report), vi è il fatto che le difficoltà e i rischi legati all’assegnare il mondiale ad uno stato come il Qatar erano ben noti alla FIFA, informata da un dossier firmato dai suoi stessi ispettori. La candidatura del Qatar era valutata come la peggiore tra quelle sul tavolo, considerata ad alto rischio in primis per le temperature proibitive che vengono raggiunte nel deserto in estate, ed in secondo luogo per la totale assenza nel piccolo emirato di infrastrutture dedicate a tali eventi. Le conseguenze della scelta erano ovvie e sono oggi sotto gli occhi di tutti: per la prima volta la competizione è stata spostata in autunno avanzato a costo di devastare i calendari delle altre competizioni e soprattutto le infrastrutture sono state realizzate con il sudore e il sangue degli operai che a migliaia sono stati richiamati da India, Nepal e Bangladesh e costretti a lavorare in condizioni proibitive.

Il presidente della FIFA Infantino con Vladimir Putin e l’Emiro del Qatar e la coppa del mondo.
Il presidente della FIFA Infantino con Vladimir Putin e l’Emiro del Qatar (anche proprietario del Paris Saint Germain).
Credits AP.

La FIFA dunque sapeva che la sua scelta sarebbe stata disastrosa e ha una responsabilità enorme sulle spalle, eppure dai suoi rappresentanti non è mai arrivata una parola di scusa, anzi. Il presidente Infantino ha taciuto della richiesta di risarcimento avanzata da Amnesty International per le famiglie dei lavoratori sfruttati ed è addirittura riuscito a darsi il merito dei miglioramenti, per altro di facciata, nel rispetto dei diritti umani in Qatar. Il fatto è che la FIFA stima di incassare più di 4,5 miliardi di dollari di introiti netti grazie ai mondiali in corso, più dei 3,5 ottenuti con i mondiali in Russia. È dunque ben consapevole di avere il controllo di una gallina dalle uova d’oro e agisce conseguenza: badando agli affari prima che ai valori sportivi o ai diritti umani. La conferma arriva dalla FIFA stessa: nel 2013 Jerome Valcke, allora segretario generale dell’organizzazione poi licenziato perché indagato per corruzione, ha affermato che organizzare la coppa del mondo in uno stato scarsamente democratico “come la Russia” era preferibile che farlo in uno “troppo” democratico (qui un estratto).

 

Ricordare questi fatti, accuse e dichiarazioni è fondamentale anche e soprattutto ora che il torneo sta raggiungendo il culmine. Come detto lo spettacolo calcistico tende a mascherare il passato ma anche a sdoppiare la realtà, come se la manifestazione sportiva fosse slegata dalle entità politiche che la organizzano. Le dichiarazioni che chiedono di parlare solo di calcio e di non occuparsi di politica servono a delegittimare qualsiasi critica possa essere mossa nei confronti della FIFA in quanto entità politico-economica. Certo, un governo del calcio libero da malcostume e sete di denaro sembra impossibile se anche il Parlamento Europeo ha approvato una risoluzione in cui si denuncia la corruzione “dilagante e sistemica” nella FIFA. Eppure vale la pena continuare a denunciare e fare pressione sul governo del calcio affinché non devasti questo sport in nome del business, anche perché come diceva Pier Paolo Pasolini “Il calcio è l’ultima rappresentazione sacra del nostro tempo, l’unica cioè che ci è rimasta”.

Immagine di copertina: Immagine di @orsa.art

Condividi su: