Lula, un barlume di speranza per l’Amazzonia?

Lula ha sconfitto Bolsonaro alle presidenziali in Brasile, promettendo di azzerare la deforestazione dell’Amazzonia, ma non è ancora il momento di tirare un sospiro di sollievo.

Il 6 novembre 2022 si apriranno le danze per la ventisettesima conferenza delle parti, la COP27, e il vincitore delle elezioni brasiliane, Luiz Inácio Lula da Silva, detto Lula, vi manderà i suoi delegati, sancendo il distacco dalle controverse politiche climatiche del presidente uscente Jair Bolsonaro.

Anche quest’anno le Nazioni Unite si raduneranno per discutere dell’emergenza climatica e delle azioni da intraprendere per rispettare gli Accordi di Parigi. La COP del 2022 si terrà nella località egiziana di Sharm El Sheikh, a due passi dalle acque del mar Rosso. Da villaggio di pescatori, a partire dagli anni ’80 la città si è trasformata in un centro turistico di grande importanza, con un aeroporto ben servito e un porto che ospita yatch e navi da crociera.

Tuttavia, c’è chi ha annunciato che non compirà il viaggio fino alle coste egiziane. Non parteciperà Greta Thunberg, che ha criticato da un lato il greenwashing perpetuato dalle conferenze sul clima e dell’altro la loro mancanza di efficacia (forse due facce della stessa medaglia, i due volti di un evento che “non vuole davvero cambiare l’intero sistema”); grande assente sarà anche il re inglese Carlo III, incoronato “re del clima” dalla stampa internazionale dopo la morte della regina Elisabetta. La decisione era stata presa su richiesta della allora premier Liz Truss.

Presenti alla COP saranno, invece, i delegati del Brasile mandati da Lula, che il 30 ottobre 2022 si è aggiudicato la vittoria alle elezioni presidenziali del paese.

Lula, già due volte presidente del Brasile, è uscito vincitore dal secondo turno delle elezioni presidenziali. Il suo Partito dei Lavoratori ha conquistato la vittoria per un soffio, portando a casa il 50,9% di voti al ballottaggio e sconfiggendo la destra di Bolsonaro, che ha conquistato il 49,1% dei voti. Il governo capeggiato da Lula sarà ufficialmente inaugurato il primo di gennaio, ben dopo l’apertura delle danze alla COP27 in Egitto, ma il futuro presidente ha ribadito che manderà un’ampia rappresentanza anche se non sarà una delegazione ufficiale.

La vittoria di Lula è stata accolta con gioia dai leader d’oltreoceano. La presidentessa della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, gli ha scritto su Twitter: “Non vedo l’ora di lavorare insieme per affrontare le sfide urgenti, dalla sicurezza alimentare al commercio e al cambiamento climatico”. Nel 2019, l’Unione Europea aveva stretto con Brasile, Argentina, Uruguay e Paraguay il “Mercosur pact”, un accordo di libero scambio fra i paesi che ben presto era stato bloccato, a fronte della deforestazione portata avanti dal governo di Bolsonaro.

Uno scorcio di foresta amazzonica.
Fonte: Rosina Kaiser

La situazione potrebbe ribaltarsi con il prossimo cambio di governo; Lula ha più volte ribadito che intende impegnarsi a fermare la deforestazione. “Il Brasile è pronto a riprendere il suo ruolo nella lotta contro la crisi climatica” ha detto, sottolineando che vanno protetti “tutti i nostri biomi, soprattutto la foresta amazzonica”; essa è la più vasta foresta pluviale rimasta sulla Terra e si sviluppa su ben nove stati sudamericani; la porzione più estesa si trova proprio in Brasile. È in grado di assorbire dall’aria tonnellate di anidride carbonica, contribuendo in maniera significativa a ridurre le emissioni di gas serra, responsabili del riscaldamento climatico. La foresta pluviale è anche la casa di un’immensa quantità di specie animali e vegetali, nonché di oltre trecento popolazioni indigene. Gli incendi e il disboscamento – dovuto soprattutto alla produzione di carne bovina e alla coltivazione di soia per il bestiame – mettono in pericolo questo equilibrio millenario.

Jair Bolsonaro, leader del Partito Liberale e presidente uscente, negli anni scorsi ha dato ampio respiro a politiche di deforestazione, tagliando i fondi alle istituzioni ambientali e stemperando le normative per la protezione della natura. Così, dall’insediamento di Bolsonaro nel 2019 ad oggi la quantità di foresta destinata all’abbattimento è aumentata del 75%; di questo passo, presto non riuscirà a trattenere abbastanza umidità, si accartoccerà su sé stessa e diventerà savana. E non basta: prima del cambio di governo, previsto per il 1° gennaio 2023, potrebbero essere approvati altri disegni di legge dannosi per l’ambiente; uno fra tutti, quello che prevede di legalizzare l’estrazione mineraria nelle terre indigene.

Popoli indigeni dell’Amazzonia.
Fonte: Hans Schwarzkopf.

Per contro, Lula ha promesso di far marcia indietro rispetto al suo predecessore, di lasciare che la foresta amazzonica e tutti i suoi abitanti tirino un sospiro di sollievo; intende anche adoperarsi contro il cambiamento climatico. Con il suo Partito dei Lavoratori al governo, fra il 2004 e il 2016, la deforestazione era calata del 72%, e ci si aspetta che ora si adoperi per qualcosa di simile; in effetti, si è stimato che l’espansione delle aree protette e di sistemi di controllo, insieme alla lotta contro le attività illegali, possa ridurre la deforestazione dell’89%. Fra le altre cose, avrebbe grande importanza il rispetto del Forest code, una legge che obbliga i proprietari terrieri a tenere dal 35 all’80% della loro terra allo stato nativo; l’applicazione di tale codice imporrebbe il ripristino di vaste aree deforestate.

Nei bar e nelle strade si è festeggiata la vittoria del Partito dei Lavoratori. Joe Biden dalla Casa Bianca, Justin Trudeau in Canada e il Primo Ministro inglese Rishi Sunak hanno mostrato il loro appoggio, unendosi alla pioggia di celebrazioni. “Lotteremo per portare a zero la deforestazione dell’Amazzonia” ha detto Lula, che nell’immaginario collettivo rimane incastonato come l’opposto di Bolsonaro; appare come un uomo gentile, onesto, impegnato a lottare contro forze che sono più grandi di tutti noi. Un uomo di sinistra come quelli di una volta – ma alcuni gruppi ambientalisti sottolineano che non mancheranno di criticarlo ove necessario; Lula è anche accusato di aver supervisionato la costruzione di una diga che ha danneggiato l’ambiente e la vita dei popoli indigeni.

Con l’elezione di Lula, il futuro dell’Amazzonia non appare più così incerto, mentre delegati da tutto il mondo preparano i bagagli per la COP27, che ormai è alle porte. Le sfide per il Brasile sono immense; Lula dovrà intervenire sul mercato alimentare e minerario, incentivare forme sostenibili di produzione e rimettersi in marcia verso gli obiettivi sanciti dagli Accordi di Parigi. Il paese è spaccato, straziato dal precariato, dalla deindustrializzazione e dalle tensioni che ne derivano, e nonostante le celebrazioni la vittoria di Lula appare incompleta, priva della forza trasformativa necessaria in questi tempi di crisi.

Proteggere la foresta amazzonica è essenziale nella lotta ai cambiamenti climatici, ma non è sufficiente. Serviranno proposte radicali e innovative per abbattere le emissioni di gas climalteranti – in Brasile e nel resto del mondo. La speranza è che il governo di Lula sappia barcamenarsi fra compromessi e precari equilibri politici, confermando di essere lo spiraglio di luce che la sinistra internazionale sembra cercare in lui.

Immagine di copertina: Luiz Inácio Lula da Silva, detto Lula.

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