
Si è parlato molto di Ultima Generazione dopo l’ultima eclatante azione fatta all’ingresso di Palazzo Madama, la sede del Senato. E non sono mancate le polemiche sulla legittimità o convenienza di azioni di questo tipo. Ma che cos’è Ultima Generazione?
Ultima Generazione (UG) è una campagna di disobbedienza civile che ha come obiettivo quello di chiedere azioni concrete ed immediate da parte della politica nei confronti dell’emergenza climatica; appartiene alla rete internazionale A22 Network (che prende il nome da aprile 2022, mese di fondazione), alla quale appartengono altre campagne come Just Stop Oil: sono lə attivistə che hanno imbrattato negli scorsi mesi diverse opere d’arte.
UG ritiene che le azioni fatte fino ad adesso, anche in buona fede, dallə attivistə per il clima non siano più sufficienti: la semplice divulgazione per rendere consapevole l’opinione pubblica del disastro imminente evidentemente non basta. Perciò è necessario compiere delle azioni, anche radicali, di disobbedienza civile, per avvertire tuttə che la nostra casa è in pericolo e far sì che vengano presi provvedimenti a livello politico per salvarla. E a chi dice che azioni di questo tipo allontanano l’opinione pubblica da queste tematiche, la risposta è chiara e netta: il cambiamento climatico è un dato di fatto, non un’opinione politica. E dunque non bisogna raccogliere consenso politico, ma richiedere invece azione politica. Inoltre, aumentando la frequenza delle catastrofi climatiche anche nel nostro paese, sempre più persone diventano consapevoli di quelle che sono le conseguenze del riscaldamento globale, e quindi potrebbero comprendere la priorità dell’azione in sé piuttosto che la forma.
L’azione del Senato ha smascherato diverse ipocrisie, ad esempio quella del «andate a manifestare davanti ai palazzi e non nelle strade», e il conseguente sdegno di fronte all’imbrattamento con vernici lavabili di edifici e opere d’arte, mentre di fronte alla distruzione del pianeta non si ottiene la stessa indignazione.

Attualmente UG ha lanciato in Italia la campagna «Non paghiamo il fossile», che ha l’obiettivo di ridurre gli investimenti pubblici nei combustibili fossili: nel nostro paese infatti l’89,8% della finanza pubblica viene investita in queste risorse, a fronte delle 310 catastrofi climatiche verificatesi nello scorso anno (una al giorno se non contiamo le domeniche, per dare un’idea).
Per questi motivi da mesi UG ha cominciato a fare presentazioni in tutta Italia (anche a Brescia!) con l’obiettivo di creare dei gruppi locali e spiegare le motivazioni e gli obiettivi della campagna. Ci tengono a precisare che per aderire non è necessario assumersi il rischio di compiere azioni di disobbedienza civile: si può infatti collaborare in vari modi alla comunicazione e alla progettazione di iniziative e presentazioni.

Sempre nel 2022 ha preso forma la campagna Debt for Climate (D4C), anche questa transnazionale ma concepita nei paesi del sud globale. D4C nasce a sud ma cerca il sostegno in tutto il mondo, e anche in Italia c’è un gruppo che si sta coordinando per promuovere questa campagna.
D4C si concentra sul discorso che riguarda il debito finanziario delle ex colonie nei confronti dei paesi colonizzatori:le ex-colonie per ottenere l’indipendenza hanno dovuto accettare condizioni e trattati che le rendono ancora di fatto colonie economiche dei paesi colonizzatori; allo stesso tempo i paesi colonizzatori hanno nei confronti delle ex-colonie un debito climatico perché, a discapito di un basso tasso di emissioni di gas serra, i paesi del sud globale sono quelli che subiscono maggiormente le conseguenze del riscaldamento globale.

Ma che cosa c’entra il debito con il cambiamento climatico? I paesi del sud globale per poter restituire il denaro dovuto sono costretti ad estrarre combustibili fossili e ad attuare politiche di tipo estrattivista, che devastano ambienti già fragili per colpa dello stesso cambiamento climatico. Una sorta di colonialismo energetico, che osserviamo per esempio nel caso di paesi come Nigeria e Algeria, ma non solo, e che viene perpetuato nonostante ormai sia nota a tuttə la causa del surriscaldamento globale.
Non sono sufficienti i circa 100 miliardi di dollari di investimenti in finanza climatica promessi dai paesi colonizzatori nel 2009 (entro il 2020, limite poi prorogato al 2025): questi infatti li rendono dei «gentili donatori» quando invece si tratta di debitori. Infatti, se questi non pagano, non ci si pone nessun problema!

Inoltre c’è anche l’annosa questione del loss and damage, che era stata posta nella bozza degli accordi di Parigi (2015) ma non era mai stata accettata in toto dai paesi colonizzatori. Infatti il testo prevedeva di considerare come «perdite» non solo quelle economiche, ma tutte le perdite in senso lato. E ciò significherebbe che gli Stati inquinanti dovrebbero saldare un debito enorme, «il debito più grande di sempre».
Quindi, D4C chiede alle istituzioni finanziarie e ai paesi del nord di cancellare il debito economico e finanziario dei paesi del sud globale per consentire loro di emanciparsi dall’estrazione dei combustibili fossili come strumento per ripagare il debito.
Ma si può cancellare un debito di queste proporzioni? Sì, ed è quello che è successo in Germania: il 27 febbraio 1953 venne firmato l’accordo di Londra, per il quale vennero notevolmente ridotti i debiti contratti dallo Stato tedesco nel periodo 1919-1945, rimandando inoltre il pagamento dei debiti di guerra alla riunificazione delle due Germanie. Quando ciò avvenne, nel 1990, tali debiti furono di fatto cancellati. Ed è in occasione dell’anniversario di tale data che D4C annuncia una campagna globale per chiedere azioni politiche in questa direzione.
In entrambe le campagne sono presenti persone di varie realtà e contesti, che siano attivistə di lunga data o semplicemente persone che hanno deciso di mettersi in gioco. E tu, che cosa faresti?