Politici europei si dividono la torta dell’Africa.
Come centoquaranta anni fa, c’è una folta schiera di pretendenti alle porte dell’Africa. Tutto questo interesse è un vantaggio o una rovina per il continente?

Il mese di gennaio è stato piuttosto movimentato per l’Africa, con una serie di visite diplomatiche da non poco. Nel giro di qualche settimana, il ministro degli esteri cinese Qin Gang è andato in Etiopia, Gabon, Angola, Benin e Egitto; le ministre degli esteri francese e tedesca, Catherine Colonna e Annalena Baerbock, sono volate in Etiopia; la segretaria al tesoro USA Janet Yellen è andata in Senegal, Zambia e Sudafrica; e il ministro degli esteri russo Sergey Lavrov ha fatto tappa in Sudafrica, eSwatini, Angola e Eritrea. Non male come inizio di 2023…

A chi interessa l’Africa?

Sono sempre di più i paesi che cercano di stabilire buone relazioni con il continente africano – ognuno a modo suo.

L’Unione europea e i suoi membri stanno cercando da anni di migliorare le loro relazioni con l’Africa – impresa non facile, vista l’eredità pesante del colonialismo europeo in Africa. Il vertice di febbraio 2022 tra Unione europea e Unione africana doveva andare in questa direzione, anche se c’è chi dice che di progresso reale ce ne sia stato relativamente poco.

Annalena Baerbock (Germania) e Catherine Colonna (Francia) posano con Abiy Ahmed (Etiopia).
Le ministre degli esteri tedesca e francese, Annalena Baerbock e Catherine Colonna, incontrano il primo ministro etiope Abiy Ahmed ad Addis Abeba, Etiopia, gennaio 2023.
Credits: AFP

Anche gli Stati Uniti hanno campo da recuperare nelle loro relazioni con l’Africa. In particolare durante la presidenza di Donald Trump, gli USA hanno messo il continente in fondo alla lista delle priorità. Il fatto che Trump abbia usato il francesismo “posti di merda” riferendosi a vari paesi africani non ha aiutato. Per recuperare, Joe Biden ha organizzato un vertice di capi di stato africani a Washington a dicembre e ha promesso al continente 55 miliardi di dollari nei prossimi tre anni – il tempo dirà con che risultati.

Nel frattempo, un’altra potenza mondiale si è mossa con decisione nell’ultima ventina d’anni: la Cina. Con 43 miliardi di dollari di investimenti e più di 80 miliardi di dollari di prestiti, la Cina si è posizionata come uno dei principali – se non il principale – partner dell’Africa, soprattutto a livello economico.

All’appello delle grandi potenze non manca la Russia, che negli ultimi anni si è fatta notare sempre di più per le sue relazioni con vari stati africani. Da un punto di vista politico ed economico, Mosca è parecchi passi indietro rispetto agli stati europei o alla Cina. La Russia, però, rimane il principale fornitore di armi in Africa, e ha accordi militari con decine di paesi sparsi su tutto il continente.

Come se Europa, USA, Cina e Russia non bastassero, vari paesi mediorientali hanno aumentato la loro presenza in Africa negli ultimi anni. La Turchia è molto attiva nel continente, con un numero crescente di ambasciate, centri culturali, contratti per l’export di armi, voli da e per Istanbul – chi più ne ha, più ne metta. Gli Emirati arabi uniti non sono da meno, con una forte presenza nel Corno d’Africa, ma anche una catena di porti sparsa su tutto il continente.

Perché tutto questo interesse?

Tutti questi stati che cercano di aumentare la loro presenza in Africa sono spinti dai vari interessi – spesso economici e/o politici – che variano di caso in caso. Nonostante queste differenze, però, l’idea di base è simile: l’Africa è un continente fondamentale per il futuro.

Dopotutto, la demografia parla chiaro. Al momento, l’Africa ha una popolazione di circa 1.3 miliardi, circa un sesto della popolazione mondiale. Come se non bastasse, questa popolazione è in forte crescita. Le stime dicono che nel 2050 la popolazione del continente potrebbe essersi quasi raddoppiata, raggiungendo circa 2.5 miliardi. In meno di trent’anni, una persona su quattro sarà africana.

Con questi numeri, non c’è da stupirsi che l’Africa sia considerata un continente chiave per il futuro dell’economia mondiale. Una popolazione così vasta vuol dire un’enorme forza lavoro, ma anche un enorme mercato pronto ad acquistare prodotti e servizi da tutto il mondo. In più, il continente africano ha svariati depositi di minerali, inclusi materiali rari che necessari per lo sviluppo di tecnologie avanzate e per la produzione di energie rinnovabili.

Uomo si accaparra l’oro dell’Africa.
Molte potenze straniere sono interessate alle risorse dell’Africa.
Credits: Kevin Zahner, copia di The "Scramble for Africa" and Its Lasting Impacts, di Anna Lawrence.

Infine, l’Africa ha un peso politico da non poco. L’Unione africana comprende ben 55 stati – più di un quarto dei 193 paesi con diritto di voto alle Nazioni unite. In tempi di competizione globale come quelli che stiamo vivendo oggi, un buon numero di alleati non può che far piacere.

Ma l’Africa ci guadagna o no?

Beh, dipende. L’interesse di molti attori stranieri può essere un vantaggio o una rovina, e il risultato dipenderà in gran parte da come i governi africani riusciranno a sfruttare a loro vantaggio – e soprattutto a vantaggio dei loro cittadini – la competizione tra le varie potenze straniere.

L’industria mineraria è un esempio interessante di queste dinamiche. Sono molto le imprese internazionali – europee, americane, cinesi, russe – che stanno investendo pesantemente nell’estrazione di minerali in Africa. Da un lato, questi investimenti portano grosse somme di denaro nelle casse di vari stati africani, e l’esperienza delle imprese straniere può aiutare le loro controparti africane a sfruttare le risorse naturali del continente.

Dall’altro lato, però, questi investimenti sono spesso accompagnati da condizioni sfavorevoli per i paesi africani. In moltissimi casi, le imprese straniere si limitano a estrarre le materie prime in Africa, per poi processarle fuori dal continente. Dato che la gran parte dei profitti derivano dalla vendita di materie processate, sono le imprese internazionali – invece che i paesi africani – ad accaparrarsi la maggior parte dei profitti.

In generale, il fatto che sempre più potenze straniere siano interessate all’Africa è un vantaggio importante per i governi africani. Se le condizioni dettate da una di queste potenze non sono soddisfacenti, i paesi africani possono rivolgersi ad altri potenziali partner. Mettendo i vari pretendenti in competizione tra di loro, i governi africani possono ottenere dei risultati migliori nei negoziati con le potenze estere.

Rimane da vedere, però, se i benefici di queste trattative si tradurranno o meno in benefici per i cittadini. In molti casi, le risorse che arrivano dall’estero vengono usate dal governo per rimanere al potere ed eliminare ogni forma di opposizione interna – come per esempio nel caso del Gibuti, di cui abbiamo parlato in passato. Affinché la competizione tra potenze straniere abbia un impatto positivo in Africa, è necessario non solo che i governi sfruttino al meglio la competizione tra potenze straniere, ma anche che usino le risorse ricavate per migliorare la vita dei loro cittadini.

Una nuova corsa all’Africa?

L’interesse di potenze straniere nei confronti dell’Africa non è sicuramente cosa nuova. Correva l’anno 1884 quando i rappresentati di varie potenze europee si radunarono a Berlino per decidere il futuro dell’Africa, spartendosi tra di loro prima il Congo, e poi l’intero continente. Era l’inizio del colonialismo.

Uomini europei si contendono l’Africa.
Negli anni 1880, vari stati europei si contendono l’Africa, dando il via al colonialismo.
Credits: David Bainbridge, via Chapter 33

Quasi centoquaranta anni dopo, c’è ancora una volta una schiera di pretendenti alle porte dell’Africa. Questa volta, però, la situazione è diversa. Gli stranieri non si impongono più con le armi – è l’economia a farla da padrone, con commercio, investimenti e trattati di libero scambio. Per di più, invece che imporsi militarmente, oggi le potenze straniere cercano di corteggiare i governi africani, come mostrato dalle costanti promesse di prestiti e investimenti avanzate dall’Europa, gli Stati uniti e la Cina.

La prima corsa all’Africa non ha portato nulla di buono al continente. Speriamo che la versione 2.0 abbia risultati migliori.

 

 

Nota: Le opinioni espresse nell’articolo sono solamente quelle dell’autore, e non riflettono necessariamente quelle di Echo Raffiche o di istituzioni a cui l’autore è affiliato.

Immagine di copertina: La spartizione dell’Africa. Credits: TAP Magazine

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