Assassinio e distruzione nei film di Dario Argento.

Nella storia del cinema pochi registi hanno saputo emozionarci più di Dario Argento. Nato nel 1940, ha lavorato nell’industria cinematografica per più di 50 anni. Oggi è famoso soprattutto per le sue opere horror e di giallo. In tutto il mondo gli appassionati ammirano i suoi film, che mettono insieme omicidi complessi, scenari provocatori e un distinto stile angoscioso. Le opere di Argento danno anche agli spettatori la sensazione di provare un’esperienza del tutto viscerale, grazie al fatto che il regista si approccia a ciascuna delle sue opere come un esperimento, un’indagine nei meandri della paura e della morte. Dopo un decennio di attesa, il celebre maestro del giallo è tornato nelle sale cinematografiche con il molto atteso Occhiali neri, che è l’occasione per ricordare alcuni dei suoi lavori più affascinanti.

 

L’uccello dalle piume di cristallo (1970)

A lanciare la carriera del regista fu L’uccello dalle piume di cristallo, un’opera fortemente ispirata dalle caratteristiche stilistiche di Mario Bava e dei suoi film gialli, che mostrano le strade notturne di una Roma misteriose, donne bellissime che vengono inseguite da un assassino vestito di un impermeabile scuro e di guanti neri di pelle, un passante annoiato che per caso diviene testimone di un crimine. Questi sono, in generale, gli elementi da cui attingono molti film gialli: sono guidati non solo dalla trama e dall’emozione degli sceneggiatori, ma anche dallo stile stravagante in quanto elemento della costruzione narrativa: l’erotismo, la corporalità, gli oggetti aguzzi e taglienti, la sequenza video ricca di dettagli estetici, la violenza che viene scolpita nelle decorazioni di una trama errante.

Uno scatto del film L’uccello dalle piume di cristallo

L’abile descrizione di alcuni interni alla moda e la colonna sonora di Ennio Morricone, orientata al jazz, immergono lo spettatore nell’horror di Argento, che sorge in segreto, come l’altro lato della medaglia di un benessere fasullo, quasi dandosi ai thriller di Hitchcock. Nel suo tentativo di indagare l’apparato della paura, il film diventa spaventoso e teso anche laddove non dovrebbe esserci alcun pericolo.

Profondo rosso (1975)

Profondo rosso è il capolavoro giallo di Argento, che confermò e assicurò la sua reputazione di vero maestro dell’horror italiano. È un esempio illustre di un thriller scandalistico che raffina la famosa ricetta: un assassino nascosto uccide una giovane sensitiva in maniera brutale, mentre un affascinante pianista jazz dell’Inghilterra (David Hemmings) e una giornalista (l’imprevedibile e divertente Daria Nicolodi, la musa di Argento) uniscono le forze per dare il via a una nuova indagine, che conduce a un’altra ondata di omicidi inquietanti. Da qui, Profondo rosso si imbarca in un viaggio tenebroso nelle turbe della mente di un folle, che ci appare grazie a primi piani drammatici e a prospettive di ripresa disorientanti. Nel film, ogni cosa è piena di mistero elegante e maestria seducente: le incantevoli strade di Torino di notte, gli interni sfarzosi, il disegno di un bambino sul muro della villa “infestata”, una ninna nanna inquietante, una mannaia affilata e schizzi di sangue scarlatto – la combinazione di terrore e tensione non è mai stata così tangibile.

Uno scatto del film Profondo rosso

La colonna sonora di questo film merita particolare attenzione. A dare ritmo alla straziante opera sono le sonorità profonde e punk-gotiche dei Goblin, una band italiana di rock progressivo. La loro musica rende le scene di terrore ancora più spaventose e ipnotiche. È allora naturale che questo film abbia anche influenzato John Carpenter, che diresse Halloween (1978) in omaggio all’opera di Argento.

Suspiria (1977)

Lo stile stravagante di Profondo rosso spianò la strada per uno dei maggiori successi di Argento, in cui lo stile sofisticato del maestro italiano fu incarnato dalla mescolanza di una fiaba per adulti con l’horror soprannaturale.

Uno scatto del film Suspiria

La storia segue le vicende di una giovane ballerina statunitense, che si iscrive a un’accademia di danza in Germania, piena di segreti sinistri: giovani ragazze vengono uccise brutalmente e l’istituzione stessa è stata fondata da streghe occulte. Senza fare sconti, Suspiria non è solo l’impronta di Dario Argento, ma anche una vera e propria valanga di immaginari da incubo, accompagnati da un arredamento spettacolare, una cinepresa instancabile, una violenza rapsodica e una trama ingannevole. La colonna sonora lugubre e accattivante del film è ancora una volta opera dei Goblin, ed è considerata una delle colonne sonore horror più convincenti di tutti i tempi. Da notare è che Suspiria fornisce un’esperienza estetica unica, che consiste nell’aggressione dei sensi dello spettatore: i filtri di colore fanno male alla vista, i vermi occupano lo schermo e la violenza brutale è accompagnata dal fragore del rock progressivo. Ancora una volta, il film di Argento è un esercizio esemplare di abilità, suono, mistero e omicidio.

Tenebrae (1982)

Dopo le storie soprannaturali di stregoneria di Suspiria e Inferno (1980, il secondo film della trilogia de Le tre madri), Argento decise di tornare a un moderno giallo pieno di omicidi dinamici e artistici, nonché intriganti depistaggi. La storia si apre con l’arrivo a Roma del famoso scrittore statunitense Peter Neal – un maestro dei romanzi di suspense – per un tour promozionale. Stranamente, in città inizia ad avvenire una serie di omicidi sanguinosi, che ripetono tutti la trama del libro che egli ha appena scritto. Poiché l’identità dell’assassino non è nota per la maggior parte del film, gli spettatori sono lasciati a decifrare le tante ambiguità della trama mediante una serie di indizi contestuali. Ispirato dall’esperienza personale di Argento (un fanatico si era procurato il suo numero di telefono mentre stava lavorando a un copione), Tenebrae è un mistero affascinante, da cui scaturisce un superlativo incubo contemporaneo. Si distingue dai precedenti film di Argento per il suo aspetto più realistico, gli elementi di auto-riflessione e per un’enfasi più evidente sulla forma narrativa.

Uno scatto del film Tenebrae

Opera (1987)

Opera è un film elegante e di una violenza mozzafiato – una delle ultime pellicole di questo tipo che Argento diresse all’apice della propria influenza. È una combinazione macabra di giochi mentali subconsci, ricordi terribili e illusioni ossessive, nonché, stando al regista stesso, il suo film preferito fra quelli della propria produzione. La trama è incentrata su una giovane cantante dell’opera, a cui viene inaspettatamente assegnato il ruolo di protagonista in una produzione all’avanguardia del Macbeth di Giuseppe Verdi. In poco tempo finisce sotto i riflettori, grazie all’intervento di un assassino. Da questo momento la trama diventa sempre più complicata, con una bizzarro sguardo alla Maledizione Scozzese e un finale del tutto imprevedibile. La spettorialità forzata, che è soggetto di curiosità in tutti i film di Argento, qua raggiunge il suo apice in una maniera indimenticabile. Pare impossibile distogliere lo sguardo.

Un frame del film Opera

Nonostante gli ultimi lavori di Dario Argento siano stati recepiti male dalla critica e dal pubblico, egli rimane uno dei registi più influenti e amati nella storia della cinematografia horror. Nel suo film più recente, intitolato Occhiali neri, la protagonista è una prostituta cieca, che viene inseguita da un crudele assassino per le strade di Roma. Anche se fa emergere il tocco nostalgico di molti suoi gialli precedenti (con omicidi set-piece, assassini a piede libero, un culmine cruento, una colonna sonora incalzante), il nuovo film non ha la loro intensità e integrità. Ad ogni modo, questa è la migliore opera che Argento ha diretto negli ultimi 20 anni e possiamo considerarla un richiamo alla sua antica gloria, un’occasione di ricordare i motivi per cui amiamo questo regista di culto.

Immagine di copertina: Uno scatto del film Profondo rosso.

Traduzione di: Sophia Grew.

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