
I paradossi del Somaliland
Diciamocelo chiaramente: il Somaliland non è certo uno dei posti più famosi al mondo, per cui non c’è da stupirsi se non ne avete mai sentito parlare. Allo stesso tempo, però, questo piccolo lembo di terra situato nel nord del Corno d’Africa ha qualcosa di decisamente interessante. Dal 1991, il Somaliland è formalmente indipendente, con un proprio governo, delle forze di sicurezza, e una moneta autonoma. Nonostante ciò, però, nessun governo sulla faccia della terra lo riconosce come uno stato indipendente. Per di più, non essendo riconosciuto, il Somaliland non ha ricevuto tutte le attenzioni (e i soldi) che la comunità internazionale ha riversato nella vicina Somalia centro-meridionale (generalmente conosciuta come “Somalia” e basta). Ancora una volta, però, c’è una sopresa che ci attende: nonostante la relativa assenza di aiuti, il Somaliland è molto più stabile della Somalia. Come diavolo è possibile? Per capirlo, è cosa buona e giusta dare un’occhiata alla storia dei cosiddetti “territori somali”.
I territori somali, tra colonialismo e indipendenza
Sia il Somaliland che la Somalia fanno parte di un contesto più ampio: quello dei territori somali, le aride pianure comprese tra gli altipiani dell’Etiopia e il mare dell’Oceano Indiano. Questi territori includono non solo quelli che oggi sono il Somaliland e la Somalia, ma anche l’Etiopia dell’est, la parte nord-orientale del Kenya, e la parte meridionale del piccolo Gibuti. Queste aree sono state storicamente abitate dai somali, una popolazione relativamente omogenea con una lingua condivisa (il somalo, anche se con dialetti diversi) e una religione condivisa (l’Islam, importato dalla Penisola Araba). Nonostante queste caratteristiche di base siano comuni, la popolazione somala è divisa in un complesso sistema di clan e sotto-clan, che per lungo tempo ha determinato (e continua a determinare) l’organizzazione politica della società somala.
La divisione dei territori somali in vari pezzi va tracciata – come qualcuno di voi può aver già immaginato – al periodo del colonialismo. Verso la fine dell’800, infatti, una serie di potenze straniere si accaparrano dei pezzi di territorio. Il vicino Impero Etiope (storico rivale delle popolazioni somale) conquista l’Ogaden, che ancora ad oggi è una regione dell’Etiopia. Il Regno Unito si prende la regione del Somaliland e quello che oggi è il nord-est del Kenya. In aggiunta, la Francia mette le mani sull’attuale Gibuti, mentre l’Italia si prende la parte centro-meridionale della Somalia. I territori somali si trovano quindi divisi in pezzi e sotto il controllo di potenze straniere.

Come potrete immaginare, questa situazione non piace troppo alla popolazione somala, che incomincia a organizzare forme di resistenza contro le potenze coloniali. Negli anni ‘30 e ‘40 si formano quindi le quindi varie associazioni di nazionalisti somali che chiedono la creazione di uno stato che rappresenti la loro popolazione. Queste richieste diventano sempre più insistenti con il passare degli anni, mettendo sempre più pressioni sui governi coloniali, in particolare in Somaliland e in Somalia centro-meridionale. Ed è così che, dopo una lunga e travagliata lotta, nel 1960 queste due regioni conquistano la loro indipendenza e si uniscono per formare la Repubblica Somala. L’opera non è totalmente compiuta (gli altri territori abitati da somali in Etiopia, Kenya e Gibuti rimangono sotto controllo straniero), ma è un passo importante per la popolazione locale.
Il Somaliland, tra marginalizzazione e indipendenza
La convivenza delle due entità (Somaliland e Somalia centro-meridionale) all’interno della nuova Repubblica, però, non è priva di problemi. I due territori sono stati amministrati nei decenni precedenti da potenze straniere diverse, e hanno quindi sviluppato dei sistemi di governo diversi. In aggiunta, il Somaliland è nettamente più piccolo, e la scelta di Mogadiscio (capitale della Somalia centro-meridionale) come capitale del nuovo stato unito contribuisce a fare sentire il Somaliland marginalizzato. Cominciano quindi a crearsi nella regione dei movimenti – in particolare il Movimento Nazionale Somalo (MNS) – che chiedono più peso e più autonomia per il Somaliland. Il governo centrale a Mogadiscio (controllato dal dittatore socialista Siyad Barre) non la prende bene, e cerca di reprimere questi movimenti. Questa dura repressione, però, non fa altro che aumentare il desiderio di indipendenza del Somaliland, che vede Mogadiscio sempre più come un oppressore invece che come un partner.
A fine anni ‘80, la tensione tra Somaliland e Somalia centro-meridionale è alle stelle. Nel 1988, il MNS si trova stretto in un angolo dalla perdita di supporto dell’Etiopia, e decide quindi di lanciarsi in un’offensiva disperata. L’offensiva ha successo, e gli indipendentisti somali prendono controllo di vasti territori della regione. La repressione di Siyad Barre è pesantissima (bombardamenti indiscriminati su città inclusi), ma senza successo. Al contrario, all’inizio del 1991 Siyad Barre viene deposto da una coalizione di milizie attive attorno a Mogadiscio. Lo stato somalo collassa, e il MNS ne approfitta per dichiarare l’indipendenza del Somaliland.

Credits: joeyprek
Il (mancato) riconoscimento
Il successo del MNS nel prendere controllo della regione, però, non rende automaticamente il Somaliland uno stato indipendente. Per diventare un Paese a tutti gli effetti, il Somaliland ha bisogno di essere riconosciuto dalla comunità internazionale. Per dare una base legale alla loro dichiarazione di indipendenza, i leader politici del Somaliland sfruttano un importante dettaglio. Prima della creazione della Repubblica Somala il 1 luglio 1960, il Somaliland era stato indipendente per ben 5 giorni (dal 26 al 30 giugno). Questo breve periodo di indipendenza – sostengono gli indipendentisti – premette al Somaliland di sostenere che l’unione con la Somalia centro-meridionale sia semplicemente un accordo tra due stati, che può essere rotto in qualsiasi momento da ognuno dei partecipanti (vediamolo come un divorzio invece che come una secessione).
La comunità internazionale, però, non si cura troppo di questi dettagli. Quello che conta davvero sono gli interessi degli stati, e pochi stati (se non nessuno) hanno interesse nel riconoscere l’indipendenza del Somaliland. Perché? Perché fare ciò significherebbe ammettere che un movimento indipendentista può conquistarsi con la forza l’indipendenza dallo stato di cui fa parte. I membri della comunità internazionale, che a loro volta sono degli stati, hanno paura che un tale riconoscimento potrebbe incoraggiare gli indipendentisti che loro stessi devono fronteggiare (vedi Spagna e Catalonia). Di conseguenza, per non incoraggiare gli indipendentisti nostrani, meglio evitare di dare legittimità agli indipendentisti in giro per il mondo.
Il risultato di questo fenomeno è che il Somaliland si trova da ormai più di trent’anni in un limbo. Da un lato, un buon numero di stati in giro per il mondo riconosce de facto il Somaliland. Per esempio, vari stati cooperano con le autorità locali sia politicamente (tramite la presenza di diplomatici nelle rispettive capitali) che economicamente (siglando accordi commerciali con il governo del Somaliland). Dall’altro lato, però, nessuno di questi stati riconosce l’indipendenza del Somaliland, nonostante rimanga da trent’anni una priorità chiave del governo locale.
Rimane da chiarire come mai, dopo il 1991, Somaliland e Somalia centro-meridionale abbiano preso due strade così differenti. Questo sarà il compito del prossimo articolo…
Nota: Le opinioni espresse nell’articolo sono solamente quelle dell’autore, e non riflettono necessariamente quelle di Echo Raffiche o di istituzioni a cui l’autore è affiliato.
Immagine di copertina: Celebrazioni per l’anniversario dell’indipendenza del Somaliland.
Credits: Feisal Omar | Reuters