
Maggio, 2022.
– Prendi tu le chiavi?
– Prendile anche te, non si sa mai.
– Ho prenotato un’Enjoy, me la dà a 17 minuti. Sei pronto?
– Ancora due minuti, metto le scarpe e arrivo.
– Camicia sì o camicia no?
– Guarda che poi la sera fa freddo al Magnolia, la prima parte della serata la tieni in mano, ma dalle 2:00 ringrazi.
– Vero, ogni anno è sempre così.
– Ho sentito le ragazze, sono già a Garibaldi. Siamo di nuovo in ritardo vez.
– Se non lo fossimo, non ci crederebbero.
– Ci siamo?
– Ci siamo.
– Partiamo.
L’aria è strana oggi. C’è odore di primavera.
No, non quella primavera. Le stagioni non c’entrano niente. La primavera della ritrovata socialità, intendo.
Mi mancava questo posto, e mi mancava questo bosco.
Che luogo magico. Impermeabile al tempo.
Ricordo ancora il mio primo MI AMI. Ero in una condizione psicologica disastrosa, indossavo una tuta composta per il 40% da ricordi felici che mi rendevano triste, per il 30% da insicurezza condensata, e un restante 30% di buoni propositi misti ad un’improbabile miscela di speranze verso il futuro.
Era come trovarsi all’interno della muta di un sommozzatore, e provavo le stesse sensazioni che immagino avvertirei se fossi in prossimità della mia prima immersione: sicuro della mia scelta, ansioso per ciò che sta per accadere, speranzoso nelle mie capacità di reazione agli imprevisti e un gradevole sentore di limitata mobilità per via dello strano indumento e dell’ecosistema che mi circonda. L’unica vera differenza tra la realtà e l’allegorico racconto appena descritto sta nel fatto che non mi trovavo su un gommone, spensierato, in mezzo al mare di fronte all’isola di Spargi, ma teso e ansioso davanti all’ingresso del parco che costeggia l’idroscalo di Milano.
Comunque sì, era il 2017, avevo 22 anni, e vivevo la vita con l’unica intensità che un ventiduenne conosce.

Photo credits: Starfooker.
Al tempo vivevo ancora a Brescia, l’evento era stato proposto da una mia amica, tra le prime della compagnia ad avere una propria auto.
Siamo in ritardo. Scendiamo dalla macchina, attraversiamo il parcheggio e ci mettiamo in fila: eccolo lì, l’ingresso, con l’enorme scritta che sovrasta i cancelli d’entrata.
Superati i classici controlli di sicurezza, ci avventuriamo nel parco, già entusiasti alla semplice detezione della musica delicatamente apparsa dalla vegetazione del Circolo Magnolia, proveniente dalle tre zone live situate all’interno.
Il primo luogo che si impadronisce della mia attenzione è il palco della collinetta, dal quale, ancora oggi lo ricordo, riecheggiano le canzoni di un inedito duo, Carl Brave e Franco 126, giusto qualche giorno prima che il loro famoso album d’esordio, Polaroid, esplodesse in tutta la penisola.
C’è una leggenda legata a questo palco: alcuni degli artisti che si esibiscono in collinetta, da lì a poco si diffonderanno a macchia d’olio nelle città di tutta Italia; non è un caso, la line up del festival viene scelta meticolosamente, così come le postazioni dove gli artisti andranno ad esibirsi.

Quello che accadde dopo, nella mia memoria rimane un susseguirsi di emozioni, magia e meraviglia.
La luce del giorno cala, la gente si scioglie e il bosco del mi ami diventa l’ecosistema perfetto perché le luci che si fanno strada tra i cespugli e gli alberi del parco acquisiscano sapori, odori, colori.
Le sensazioni di quel giorno, non le dimenticherò più, al punto da promettere a me stesso, che in futuro, cascasse il mondo, alla fine di ogni Maggio, sarò qui.
Come tutti, nel tempo, sono cresciuto anch’io.
L’anno seguente ero concentrato verso la scadenza dei primi tre anni di università, l’anno successivo mi ero appena trasferito a Milano, e quest’ultima edizione l’ho trascorsa pensando ai prossimi giorni di lavoro, alla nuova casa che mi aspetta, e al fatto che il posto sembra essere pieno di universitari e la mia laurea magistrale risale ormai a più di un anno fa.
Il MI AMI festival ha accompagnato e a suo modo scandito alcuni tra i periodi più intensi della mia vita, costringendomi con la sua inafferrabile magia a prendere coscienza del tempo che passa. Eppure, ogni volta che acquisto i biglietti per la nuova edizione, sono emozionato come la prima, e durante i giorni di festival pare che quella sensazione, in fondo, non se ne sia mai andata.
Purtroppo, sono troppo cinico ed ossessivo per credere che la magia esista, che le cose non cambino e che possano essere vissute nel tempo allo stesso modo per sempre. Sono altresì convinto, però, che come i famosi potterheads di tutto il mondo ci insegnano, la sensazione di magia, invece, la possiamo coltivare e sviluppare, tanto da farla apparire ai nostri occhi come reale. Forse basta permettere a ciò che ci circonda di toccare le corde giuste, per rivivere il momento in cui le agognate sensazioni si sono cristallizzate all’interno della nostra memoria emotiva.

Detto questo, non so come spiegarti il perché dovresti venire anche tu l’anno prossimo, anche se la line up non ti convince e la compagnia che hai trovato non ti sembra quella giusta.
Per quanto la campagna di comunicazione creata dalla squadra di lavoro della kermesse sia incredibile, e per quanto le grafiche e l’idea possano essere seducenti, non saranno loro a convincerti a lasciarti andare.
L’unica cosa che è in mio potere fare, è citare una delle prime e geniali tag line dell’evento, invitandoti ad essere parte della grande community di questo festival, di tutti noi, che ogni anno, per quei tre giorni, siamo confusi, ma felici.

Immagine di copertina: Photo Credits: MI AMI Festival