Werner Herzog: sull’orlo della follia e del genio

Regista autodidatta, conquistatore di spazi selvaggi, crociato, scopritore e cartografo, Werner Herzog compie 81 anni il 5 settembre.

Lavorando all’incrocio tra lungometraggi e documentari, da mezzo secolo Herzog cancella i confini: tra mito e atto, sogno e realtà, verità e messa in scena, dimostrando ogni volta che queste divisioni sono superficiali e quasi inutili. Il regista si è costruito una carriera appassionata e avventurosa, girando i suoi film in tutti i continenti con attori non professionisti, aborigeni australiani, indigeni del Perù, pinguini e coccodrilli mutanti; in tedesco, inglese e spagnolo, nel linguaggio dei segni, sott’acqua e sotto terra, in un deserto in fiamme, nella giungla, al Polo, nel mezzo di una guerra civile e in una prigione africana. Ha ipnotizzato attori e galline, è stato morso da ratti e scimmie, ha domato tori ai rodei, saltato su distese di cactus, fatto un pellegrinaggio da Monaco a Parigi nel tentativo di salvare la vita di un suo caro amico e finito dietro le sbarre. È un virtuoso del found footage e l’incarnazione dell’idea che tutto può entrare in azione, dalle riprese della NASA al video diario di un uomo morto. Oggi ricorderemo due film spesso considerati i capolavori di Herzog: Aguirre, furore di Dio (1972) e Fitzcarraldo (1982). 

Aguirre, furore di Dio (1972): viaggio in una mente perduta

Aguirre, furore di Dio è il primo capolavoro di Herzog e oggigiorno appare più affascinante che mai. Girato nel 1972 con un budget di soli 350.000 dollari, ha portato il regista a un immediato riconoscimento, affascinando il pubblico con il suo stile narrativo unico, insieme alla capacità di catturare le complessità della natura umana.

Al centro della trama c’è la storia inquietante dello spietato conquistatore spagnolo del XVI secolo Don Lope de Aguirre – ruolo epocale di Klaus Kinski – che sta rapidamente perdendo il contatto con la realtà, sprofondando in una follia inebriante e nell’autodistruzione durante una spedizione nella giungla peruviana alla ricerca della mitica città di El Dorado.

Un fotogramma del film Aguirre, furore di Dio. Klaus Kinski nel ruolo di Don Lope de Aguirre.

La storia delle riprese di Aguirre sembra fare eco al fatale viaggio dei conquistadores: il film è stato girato nella foresta pluviale e negli affluenti dell’Amazzonia, dove il cast ha sopportato un caldo estremo, unito a un’inimmaginabile stanchezza fisica, e lo stesso Herzog ha quasi sparato all’attore protagonista, Klaus Kinski. Quest’ultimo, a sua volta, durante uno dei suoi feroci scatti d’ira e irritato dal rumore, sparò ripetutamente con un fucile Winchester negli alloggi della troupe, ferendo una delle comparse. 

Un fotogramma del film Aguirre, furore di Dio.

Fitzcarraldo(1982): naturalismo sull’orlo della follia

Il film più ambizioso e complesso della carriera di Herzog deve il suo nome al viaggiatore e barone peruviano della gomma Carlos Fermín Fitzcarrald (XIX secolo), che il regista considerava un avventuriero pieno di inventiva, degno di apparire sullo schermo con il nome di Brian Sweeney Fitzgerald – il personaggio di Klaus Kinski, musa e nemesi del regista. Il protagonista sogna di costruire un teatro d’opera nella giungla e di invitare il grande tenore Enrico Caruso a cantare alla prima produzione. La squadra composta da un capitano cieco, un cuoco ubriaco e un meccanico completa il quadro semantico del film. Per realizzare questo eccezionale progetto, Herzog assunse più di mezzo migliaio di indigeni peruviani, costretti a trascinare manualmente un vero piroscafo da 340 tonnellate su un pendio fangoso nella giungla, da un fiume all’altro.

Lunghi piani di tramonti, densità e umidità dell’atmosfera, paesaggi selvaggi e vita urbana– l’ultra-saturazione dello sfondo cattura lo spettatore, ma spesso lo porta oltre il quadro della narrazione. Herzog non ha tradotto la lingua delle popolazioni indigene: lo spettatore, come il personaggio principale, è nella completa oscurità e può percepire il pericolo di una lancia che si avvicina. 

Un fotogramma del film Fitzcarraldo: Klaus Kinski nel ruolo di Brian Sweeney Fitzgerald.

L’eccezionale storia della realizzazione di Fitzcarraldo è raccontata in Burden of Dreams (1982), un accattivante documentario di Les Blank che può essere considerato il miglior film su Werner Herzog, non girato dallo stesso Herzog. Tutto avviene in mezzo alla giungla, tra le invettive ostili di Kinski – che portano membri indigeni del cast a offrirsi di uccidere l’attore, come favore al regista –  e le infinite disgrazie che si abbattono sulle riprese, compresa la sostituzione dell’attore principale, le accuse di sfruttamento al regista e il conseguente sciopero della componente indigena della troupe, condizioni meteorologiche senza precedenti, serpenti velenosi i cui morsi portarono un membro della troupe a tagliarsi un piede da solo, e financo l’incursione di una tribù ostile.

Nonostante Burden of Dreams comprenda una buona metà della mitologia cinematografica di Herzog, Les Blank non si concentra esclusivamente sulla personalità del regista e sul suo approccio al lavoro, ma passa di tanto in tanto a campi lunghi con enormi formiche o conversazioni con la popolazione indigena – proprio nello spirito dello stesso Herzog.

Un fotogramma del film Fitzcarraldo.

Herzog è difficile da inserire nel contesto cinematografico, anche in quello tedesco degli anni ’60 e ’70 – lui stesso suggerisce che se qualcuno ha influenzato il suo stile di ripresa, è stato l’artista romantico del XVII secolo Kaspar David Friedrich o la musica del tardo Medioevo. Esplorando costantemente spazi resistenti, ribellioni condannate, verità, follia e sogni, il regista tedesco è interessato principalmente agli eroi con una percezione versatile ed eccezionale della realtà. Ecco perché i suoi universi sono pieni di pazzi, sognatori e viaggiatori, e perché ci sono così tanti elementi fuori dal comune nelle sue opere: tribù locali, feroci forze naturali, credenze e culti popolari. La giungla per lui è più di un semplice scenario: è l’incarnazione delle emozioni, dei sogni e degli incubi dei personaggi. Tutto ciò che è familiare e convenzionale gli è estraneo, e ad oggi Herzog rimane un vero poeta del caos, delle pulsioni umane e di un subconscio senza limiti.

Immagine di copertina: Werner Herzog sul set di Fitzcarraldo.

Traduzione a cura di: Ester Zangrandi.

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