
In occasione della presentazione del loro primo libro sul fumetto Disney abbiamo incontrato Mattia del Core e Stefano Buzzotta, admin della famosissima pagina (nonché sito!) “Ventenni Paperoni”.
Qui di seguito la nostra croccantissima chiacchierata su paperi e topi, com’erano e come sono; una lucida analisi in libertà su un genere troppo spesso bistrattato, ma che nel suo modo di rappresentare il mondo racchiude in sé tantissimi spunti da scoprire con il giusto tempo.
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Pochi minuti fa durante la presentazione avete affermato che non programmate i contenuti, ma che li pubblicate seguendo un po’ l’estro del momento; eppure ci sono tante vignette che, velatamente o meno, toccano temi importanti, come l’ambientalismo, il pacifismo, il femminismo e anche la politica. Riferimenti che sono pubblicati in modo casuale o che in fondo sono in qualche modo premeditati?
MATTIA: Allora, in realtà è tutto molto spontaneo e come avevo già detto niente è programmato ma pubblico tutto sul momento, anche perché mi piace sapere che quello che sto pubblicando rispecchia qualcosa che volevo pubblicare in quel preciso istante, quindi rimane una sorta di diario di viaggio.
La domanda in realtà è azzeccata perché proprio qualche giorno fa è uscita la notizia che Berlusconi è finito in terapia intensiva, e mi sono detto che Berlusconi un sacco di volte è stato citato direttamente o indirettamente dai fumetti Disney, e che tra l’altro c’è una vignetta che mi fa particolarmente ridere in cui Zio Paperone esclama guardando il giornale: “cosa?? Paperlusconi ha comprato New York??” (ride). E allora perché non fare un copy divertente e ironico del tipo: “forza cavaliere siamo con te”.
Ecco, quella cosa lì piace perché fa ridere, c’è il collegamento immediato. Onestamente di premeditato nel senso di programmato c’è ben poco. È assurdo, se uno magari vede da fuori una pagina che ha superato i 100.000 follower pensa che sia una sorta di azienda, quando in realtà non è così e sui social sono un po’ un padre padrone.
STEFANO: Sì, Mattia ha il dono di avere una memoria incredibile per un sacco di vignette, veramente topiche (non nel senso dei topi ma nel senso di peculiari), quindi nel momento in cui c’è un evento lui si ricorda la vignetta e spesso la posta. Spesso è anche un aver accumulato negli anni così tanta lettura e rilettura, un archivio sterminato sia mentale che fisico… che poi noi diciamo sempre “c’è una vignetta Disney per ogni cosa” e più o meno è vero: con le vignette Disney si può dire quasi tutto.
Quindi non c’è un vero e proprio messaggio politico che vuole essere dato in base ai fatti di cronaca…
MATTIA: personalmente l’unico messaggio politico che ho mai voluto lanciare è quello dell’anti-lavorismo: Un giorno ne avevo così piene le scatole dell’ufficio, del lavoro etc. che mi sono ricordato di quella volta che c’erano le elezioni finte nel 2001 a Paperopoli con Paperino che aveva proprio gli stendardi “abbasso il lavoro” e ho detto: «basta facciamo questa rivoluzione anti lavorista». Anche lì un po’ per ridere ma anche per pensare. Però in realtà appunto è sempre una satira della società per quello che è, senza un focus particolare.
A proposito di società, oltre ai presenti sono tantissimi gli italiani che hanno iniziato a leggere proprio con Topolino: credete che si possa dire che questo fumetto abbia, o perlomeno abbia avuto, un ruolo sociale e quasi “pedagogico”?
STEFANO: credo sia un ruolo sfaccettato; le risposte sono tante proprio perché effettivamente esiste un ruolo di alfabetizzazione del popolo italiano, letteralmente perché Topolino nasce nel 1932 come giornale che poi diventa un libretto pocket che tutti noi abbiamo maneggiato nella vita…nel 1949 poi era appena finita la guerra, c’era bisogno di unità, di ricostruire. Topolino è stato uno dei piccoli pilastri che effettivamente ha permesso di riunificare l’Italia: considerate che dopo la Seconda Guerra Mondiale c’è stata una sorta di necessaria riunificazione (ancora in atto secondo me), e questo fumetto è stata una delle sue colonne portanti perché parlava dei vizi, delle virtù, dei problemi di questa società italiana in modo trasversale, ed è diventato un po’ un baluardo democratico (non nel senso politico ma sociale del termine). Il linguaggio è un sottoinsieme di questo tema perché il linguaggio su Topolino da sempre è colto, utilizza in un registro colloquiale delle parole incredibilmente colte: ad esempio in vignette celeberrime ci sono termini assolutamente incredibili del tipo “disgustosa ostentazione di plutocratica sicumera” ma non solo… tutti noi sappiamo cosa significa “turlupinare” grazie a Topolino.
Quindi effettivamente c’è una cosa che fortunatamente oggi tanti autori cercano di mantenere, cioè questo doppio registro linguistico, da una parte popolare all’altra con queste vette auliche con termini meravigliosi che costituiscono un patrimonio effettivamente da costruire e da conservare.

E nonostante tutto sembra che Topolino abbia subito nel tempo un indebolimento, quasi un “infantilizzarsi”… siete d’accordo con questa affermazione?
MATTIA: Io mi pongo spesso questa domanda e mi chiedo se sono i fumetti che sono peggiorati o siamo peggiorati noi… molte storie le rileggo con il ricordo che avevo da bambino, mi capita spesso di leggere una storia e magari dire: «me la ricordavo un po’ più bella», quando da piccolo mi sembrava fantastica. Forse perché c’è un modo diverso di percepire/vivere le storie. Poi alcune in realtà, come vediamo nel libro, al contrario le rileggi e le apprezzi ancora di più perché hanno più chiavi di lettura, come accade con quelle di Barks e di altri grandi autori. Però in generale mi sembra che nella storia del fumetto Disney ci siano sempre stati alti e bassi anche nello stesso Topolino: diciamo che più che altro mi sembra che cambi la formula con cui questo si vuole fare, e questa formula può piacere o non piacere (personalmente a me piace di meno, le storie a puntate o citazioni troppo asfissianti all’attualità più superficiale); però ci sono alcuni lampi che proprio illuminano ancora oggi, ci sono storie bellissime come “Paperino e il richiamo del mare” o “Il destino di Paperone”. Mi chiedo effettivamente se sono invecchiati male i fumetti o se siamo invecchiati male noi (ride n.d.R).
STEFANO: Di sicuro fare Topolino è difficile: quello che ci rendiamo conto anche parlando con Valentina de Poli (giornalista, direttrice responsabile di W.I.T.C.H e autrice del libro “un’educazione paperopolese: Dizionario sentimentale della nostra infanzia” n.d.R) di recente, abbiamo parlato un po’ e letto il suo libro: essere lì nel momento in cui Topolino deve uscire ogni mercoledì è complicato perché devi confrontarti con l’attualità, con i lettori, con la casa madre americana, con le abitudini delle persone di oggi, con cosa leggono e cosa non leggono, ed è complicato stare alla convergenza tra questi fattori. Mi viene da pensare che ogni direttore poi cerchi di fare il meglio per il tempo che vive: qualcuno magari ci è riuscito di più, qualcuno di meno, però realizzare un numero di Topolino è un grande peso a cui noi spesso non pensiamo.

Difficoltà che sicuramente si misura anche in termini di scelte editoriali per il target di lettura ma non solo, e penso in particolare alla censura, che ultimamente si è spinta addirittura ad eliminare in determinate storie le canne da pesca; ritenete che questo segua la tendenza all’impoverimento di cui abbiamo parlato prima? E, se sì, quanto è deleterio?
MATTIA: Di base premetto che io non so se sono la persona più idonea per rispondere se è deleterio questo per i bambini perché io ero un bambino atipico, mi piacevano già gli horror. Mi entusiasmava stare sveglio la sera tardi per vedere horror e cose un po’ strane, che di solito i genitori non fanno vedere ai bambini. Quindi la mia opinione vale quello che vale. Secondo me è una fortuna che sia cambiata la sensibilità perché alcune cose erano sbagliate all’epoca e lo sono adesso, ma dall’altra parte penso che si dovrebbe cogliere questa opportunità, cioè che la sensibilità sia cambiata, per istruire i bambini a collaborare al cambio di sensibilità collettiva… a volte su alcune cose c’è un’attenzione secondo me troppo opprimente perché anche se curi troppo una pianta quella muore comunque per le troppe cure, quindi c’è bisogno di un delicato equilibrio tra le cose, tra la libertà e la non libertà. Essenzialmente io appunto penso che quindi le cose che erano problematiche all’epoca bisogna ricontestualizzarle oggi in maniera esplicita e far capire perché erano sbagliate all’epoca… sono comunque delle tracce concrete del passato, della nostra storia, quindi non trovo giusto cancellarle, non ristamparle come se ce ne vergognassimo; invece è un valore aggiunto, cioè noi c’eravamo anche quando succedeva quella cosa lì, oggi è sbagliata ma noi c’eravamo anche all’epoca, vi raccontiamo, e vi spieghiamo perché è sbagliata con un breve “avviso ai naviganti”.
STEFANO: Poi è una crociata che secondo me non va presa a cuore in toto, a prescindere, ma va contestualizzata di volta in volta. Facciamo un esempio pratico: manetta non fuma più il sigaro. È un problema così gigantesco? Mah non lo so, cioè alla fine mettergli il leccalecca in bocca forse è peggiorato. È ridicolo, la toppa peggio del buco: piuttosto lascialo senza! Con le canne da pesca uguale, siamo all’assurdo… però secondo me togliere il sigaro a manetta ci può anche stare se non fai una pezza stupida come il leccalecca. Togliglielo, basta, disegnalo senza e nessuno farà questo grande dramma. Non influisce negativamente sulla narrazione.
Sulle armi da fuoco il discorso è un po’ diverso. Se un cattivo ha una pistola non è un gran problema: abbiamo sempre visto i cattivi con le pistole, è un modo per dire “chi è cattivo usa le armi che il buono tendenzialmente non usa”. Penso che ogni contesto vada un attimo preso nel suo proprio perché la sensibilità evolve, gli autori cambiano… va benissimo, facciamoci i conti, facciamo i conti con quello che è stato senza stravolgerlo.
Secondo me se c’è un’eccessiva sensibilità non è colpa degli autori o di topolino o del direttore ma è colpa nostra, della società in generale. Da parte nostra i cattivi ci piacciono belli cattivi onestamente, su questo c’è poco da dire. Gambadilegno con la colt è un gran bel Gambadilegno.
MATTIA: inoltre il personaggio positivo è tanto più interessante quanto è temibile il cattivo. Quando il cattivo perde di credibilità perdi interesse per la vicenda. Le storie vivono di conflitti e contrasti: più sono potenti più hai interesse a leggerli.
Alla luce di questo credete che le vecchie storie siano comunque valorizzate?
STEFANO: Ci sono delle ristampe periodicamente che ci regalano dei bei formati. Tieni conto che quando questo qua (Mattia n.d.R) ha iniziato a 17 anni a fare i video non c’erano volumi in quantità come oggi, che ristampavano bene le storie vecchie. Era il 2011 quindi L’Omnia Barks era uscita da poco, l’Omnia di Scarpa uscita qualche anno dopo, i grandi volumi delle parodie dei maestri Disney qualcosina… però c’è stato un incremento di ristampe in formato più grande, qualcuna bella e qualcuna meno bella, anche se sicuramente l’impronta di panini si è vista.
MATTIA: si infatti, e poi al contrario rispetto a dieci anni fa se un appassionato vuole andarsi a recuperare un grande autore bene o male cerca un attimo su internet e lo recupera facilmente in un bel formato. Quindi mi sento di dire che oggi fortunatamente, anche forse un po’ grazie a un dialogo più fitto sui social – perché non siamo solo noi ma ci sono anche altre community – , se ne parla di più e questo sicuramente ha invogliato anche il mercato a proporre cose per appassionati, perché appassionati ci sono.
Quindi in fondo in fondo voi avete un ruolo non indifferente in questo aumento di reperibilità e di contenuti
STEFANO: Questo al massimo lo deve giudicare la storia (ride n.d.R). Tenete conto che laddove si crea dialogo si creano contenuti, e sicuramente a noi fa piacere che ci siano tanti appassionati che abbiano trovato sui nostri canali cose belle di cui parlare e persone con cui farlo.
MATTIA: sì ecco, diciamo che noi abbiamo intercettato qualcosa che mancava, poi non ci arroghiamo meriti… però il fatto di tenere vivo l’interesse per i fumetti, e di farlo non per dovere ma perché personalmente è un bisogno, credo sia questo il motivo per cui va ancora dopo dieci anni, ed evolve.

Per altre fantastiche vignette vi invitiamo a buttare un occhio alla pagina IG dei Ventenni @ventennipaperoni e FB “ventenni che piangono leggendo la saga di Paperon de’ Paperoni”.
Immagine di copertina: Gli autori Mattia del Core e Stefano Buzzotta firmano alcune copie del loro libro.