Un frame del film Mauvais Sang con Denis Lavant e Juliette Binoche
Una brevissima introduzione al cinema di Leos Carax

Una filmografia composta da soli sei lungometraggi in una carriera di quasi quarant’anni rende l’uscita di un nuovo film di Leos Carax un evento. Spesso apprezzato dalla critica, sconosciuto al grande pubblico ed evitato dai produttori, il regista francese è uno degli autori più affascinanti degli ultimi decenni, con uno stile unico e una poetica che cerca un punto d’incontro tra vita e performance artistica.   

Quest’anno abbiamo potuto celebrare l’uscita di Annette (premiato per la miglior regia al festival di Cannes), dopo nove anni dal film precedente. Non si tratta della pausa più lunga tra un film e l’altro: Holy Motors (2012) era stato distribuito dopo ben tredici anni di assenza dalle sale cinematografiche, se si esclude la partecipazione al film collettivo Tokyo! (2008), realizzato con Michel Gondry e Bong Joon-ho. Dunque, quale occasione migliore se non questa per provare a far conoscere questo regista al di fuori di una ristretta cerchia di appassionati?

Foto del regista Leos Carax realizzata da Ian Langsdon
Leos Carax. Foto di Ian Langsdon

Leos Carax è uno di quegli artisti che ci ricorda come il cinema sia soprattutto un’arte che comunica attraverso le immagini. Le storie vengono raccontate sfruttando appieno ogni elemento dell’inquadratura: luci, colori, composizione, scenografie – ogni cosa è perfettamente ordinata e calibrata al fine di comunicare al meglio ciò che il regista vuole trasmettere allo spettatore. A tal proposito, è impossibile non citare il contributo fondamentale di collaboratori come Jean-Yves Escoffier, direttore della fotografia per il periodo che va dall’esordio fino al famigerato Gli amanti del Pont Neuf, e Caroline Champetier, che ricopre lo stesso ruolo negli ultimi due film.   

Un montaggio molto lontano dallo standard del cinema classico e più vicino all’approccio della Nouvelle Vague fa respirare le inquadrature, dando tempo allo spettatore di cogliere tutti i dettagli importanti per comprenderle, oltre a mettere in risalto il lavoro degli attori. I film di Carax vivono anche grazie a performance attoriali caratterizzate dalla grande attenzione al corpo, alla fisicità dell’interpretazione: ne sono un esempio cardine le performance energiche di Denis Lavant. Non a caso, una delle scene più iconiche di tutta la sua filmografia è la corsa di Lavant in Mauvais Sang (1986) sulle note di Modern Love di David Bowie.

Questa sequenza è l’esempio perfetto dello stile del regista. Il protagonista, spaventato dai propri sentimenti per il personaggio di Juliette Binoche, sente il proprio stomaco «indurirsi come il cemento» e si lancia in una corsa forsennata, allontanandosi dalla donna di cui si è innamorato. Sullo sfondo troviamo un quartiere grigio, decadente, i cui colori sono abbinati a quelli del personaggio di Lavant, con l’eccezione di qualche elemento sparso di colore rosso che richiama il divano su cui sta sdraiata Binoche.  

Il paesaggio notturno, completamente spopolato riflette la condizione esistenziale del protagonista, solo e incapace di legarsi sentimentalmente a qualcuno. La vitalità del colore rosso, in netto contrasto con tutto il resto, richiama la persona amata, oltre al sangue del titolo del film. Per quanto il protagonista provi a fuggire, ci sarà sempre una chiazza di colore fuori posto, in contrasto con l’atmosfera desolata dell’ambientazione. Dato che l’ambiente circostante non è nient’altro che una riflessione dell’interiorità del protagonista, è chiaro ciò che il regista sta rappresentando: un ragazzo innamorato e impaurito dai propri sentimenti, che non può fare nulla per fuggire da sé stesso e da ciò che prova.

Un frame della scena della corsa di Denis Lavant in Mauvais Sang
Un frame del film Mauvais Sang

Per quanto possa venire spontaneo dare delle interpretazioni scavando in profondità, il senso di ogni scena e del loro concatenarsi è più superficiale di quanto possa sembrare. Si tratta di opere più emotive che intellettuali. Lo stesso Carax ha affermato più volte di non essere in grado di dare delle risposte soddisfacenti a chi cerca un’interpretazione precisa delle scene: in un certo senso, non c’è bisogno di interpretare, perché è già tutto sotto gli occhi dello spettatore, ma ciò che viene trasmesso difficilmente può essere reso solo a parole.

Come ammesso dal regista in un Q&A a Locarno, in occasione della presentazione di Holy Motors, i suoi film nascono da due o tre immagini. Il resto della storia si sviluppa da sé per collegarle tra loro, ma ciò non deve far pensare che il risultato sia casuale o insensato, per quanto alcune delle sue opere (soprattutto Holy Motors) possano dare quest’impressione: le scene sono disposte in un modo da creare un flusso di emozioni e di idee che si sviluppa coerentemente

Questa poetica si è evoluta nel corso degli anni, fino ad arrivare alle sue ultime produzioni, in cui esplora la relazione tra arte e vita, un elemento che era presente già a partire dall’esordio Boy Meets Girl (1984), ma mai così esplicitamente. Sia Holy Motors che Annette iniziano con la presenza del regista stesso, che dà il via alla narrazione, e in entrambi i film è presente la tematica della performance. Ciò che viene rappresentato è dichiaratamente una finzione e il modo in cui sono raccontati i due film ce lo ricorda costantemente, ma questo non ci impedisce di essere immersi nelle varie situazioni che l’autore ci presenta.

Un frame della scena iniziale di Holy Motors in cui il regista osserva una platea
Un frame del film Holy Motors

Non si tratta di un elemento metacinematografico fine a sé stesso, ma di un aspetto centrale della poetica di Carax. L’autore riporta spesso l’aneddoto di quando, da bambino, mentre scendeva le scale di casa, sentì una voce narrante dire: «Ed egli scese le scale». Prendendo spunto da questa esperienza, si potrebbe dire che i suoi film sono guidati dall’idea che viviamo la nostra vita come se fosse un film: è questo l’aspetto che viene esplicitamente rappresentato, in modo differente, sia in Holy Motors che in Annette. Tuttavia, vi è anche un altro lato della medaglia, ugualmente importante: così come possiamo vivere la vita come se fosse un film, allo stesso modo possiamo vedere i film come se fossero la vita.

Immagine di copertina: Un frame del film Mauvais Sang

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