
The Northman (2022) è una di quelle opere che rappresentano il punto di svolta nella carriera di un regista. Dopo The Witch (2015) e The Lighthouse (2019), due film di genere horror, lo statunitense Robert Eggers decide di dirigere qualcosa di completamente diverso, mettendo in scena un film epico che reinterpreta liberamente la storia scandinava di Amleto. Una scelta peculiare, ma che mostra perfettamente la cifra stilistica dell’autore.
The Witch e The Lighthouse sono due racconti dell’orrore che colgono perfettamente lo spirito delle opere migliori del genere, con l’uso di elementi soprannaturali per raccontare vicende umane che sono tutt’altro che delle possibilità remote o fantastiche.
Nel primo film, una famiglia di pellegrini di metà ‘600, fuggita in America dall’Inghilterra, vive isolata vicino a un bosco dopo essere stata cacciata dalla propria comunità per la religiosità eccessivamente rigida del padre di famiglia. Questa stessa rigidità sarà l’elemento che porterà a forti tensioni famigliari di fronte ad alcuni eventi soprannaturali legati alla presenza di una strega.
Nel secondo, invece, ambientato negli Stati Uniti di fine ‘800, si narra della discesa nella follia di due guardiani di un faro rimasti bloccati sulla loro piccola isola. Qui l’elemento soprannaturale è rappresentato dalla “mitologia” marinaia: simboli pagani legati al mare, sirene, anime di marinai reincarnatesi in gabbiani, il dio Proteo.

Oltre a condividere la stessa interpretazione del genere, i due film sono caratterizzati da altre similarità. Primo, l’uso sapiente del sonoro attraverso musiche e rumori ambientali perfettamente calibrati per immergere lo spettatore nell’atmosfera della storia narrata. Secondo, l’estrema cura nella costruzione dell’ambientazione (costumi e scenografia). Infine, l’uso di un inglese particolare che richiama quello delle produzioni testuali dei periodi in cui le opere sono ambientate.
Le uniche differenze sono date dalla fotografia – The Witch è un film a colori caratterizzato da toni freddi, mentre The Lighthouse da un bianco e nero che richiama il cinema espressionista e opere come l’Ora del lupo (1968) di Bergman – e da un citazionismo assente nel primo, ma molto marcato nel secondo, che si lancia in riferimenti a opere cinematografiche come Shining o a iconografie di miti come quello di Prometeo.

Nonostante la differenza di genere, The Northman condivide molte di queste caratteristiche. Al di là della cura nella creazione dell’ambientazione, l’aspetto che emerge maggiormente è la creazione di un sottofondo sonoro che esalta l’aspetto epico della storia. I cori tribali e la musica suggeriscono un senso di grandiosità perfettamente coerente con il modo in cui Amleth, il protagonista, vede la propria missione di vendetta.
Un aspetto narrativo che accomuna questo film ai precedenti è il modo in cui il soprannaturale viene utilizzato. Anche in questo caso è strettamente legato all’esperienza soggettiva del protagonista. Così come, in The Witch, la strega ha valore nella storia in funzione del rapporto con le credenze puritane della famiglia protagonista e così come, in The Lighthouse, i vari episodi soprannaturali echeggiano la follia dei due guardiani, allo stesso modo la mitologia nordica serve a rappresentare la vendetta di Amleth come se fosse guidata da qualcosa di superiore. Stregoni, veggenti, spiriti, visioni di valchirie: ognuno di questi elementi interviene per caricare di significato le azioni del protagonista.

Come in The Lighthouse, la storia è narrata da un punto di vista interno che non esce mai dalla logica e dalla visione del mondo del protagonista. Noi spettatori non abbiamo elementi per stabilire se l’aspetto soprannaturale fa effettivamente parte del mondo del film o se è solo nella testa del protagonista. Da un lato sembrano reali, perché sono cose in cui tutti i personaggi credono profondamente, ma dall’altro non c’è nulla che possa dimostrare che si tratti solo di superstizioni e fantasie.
È questo aspetto che reintroduce nella storia un elemento che caratterizza la storia di Amleto, soprattutto nella sua reinterpretazione shakespeariana: la presunta o reale follia del protagonista. Come noto, la storia di Amleto prevede che il giovane principe, al fine di vendicare il padre assassinato dallo zio, si finga folle per non destare sospetti riguardo ai propri propositi e al proprio operato.
In questo film, Amleth assiste all’assassinio del padre e sfugge ai soldati dello zio, cercando rifugio in terre lontane e giurando vendetta. Nonostante la follia del protagonista non sia mai menzionata, questa non è assente e rappresenta comunque un elemento centrale della narrazione, venendo declinata in modo molto diverso rispetto alla storia originale. Le visioni di Amleth sul destino suo e della sua stirpe sono reali o sono frutto dell’indottrinamento del padre e degli stregoni di corte? La sua vendetta è giustificata dagli dèi o è solo una sua convinzione senza fondamento?

Con quest’opera Eggers ha dimostrato di essere un artista in grado di muoversi in un genere molto diverso dall’horror mantenendo un’impronta molto personale da un punto di vista tecnico e da un punto di vista narrativo. Tuttavia, l’insuccesso commerciale (un incasso globale di 64 milioni di dollari di fronte a un budget che oscilla tra i 70 e i 90) getta un’ombra sulle produzioni future del regista, che, provato dalla lavorazione a questo film, ha dichiarato che il prossimo progetto (una nuova versione del Nosferatu) sarà più vicino alle sue prime produzioni piuttosto che a quest’ultima. Nonostante ci sia comunque interesse per i suoi progetti futuri, sarebbe un peccato vedere questo autore prendere la strada del regista di genere dopo aver dimostrato di sapersi destreggiare in un contesto diverso da quello per cui è diventato noto al pubblico.
Immagine di copertina: Un frame del film The Northman.