
Considerando le recenti minacce di uso di ordigni nucleari da parte della Russia, colpisce il tempismo quasi perfetto con cui Christopher Nolan ha deciso di mettere in scena Oppenheimer (2023), la storia dell’uomo che guidò il Progetto Manhattan. Ripercorrendo le vicende personali dello scienziato la cui invenzione pose fine alla Seconda Guerra Mondiale e portò allo sviluppo della Guerra Fredda così come l’abbiamo conosciuta, Nolan cerca di restituire al pubblico la portata epocale di un evento che ha cambiato la storia.

Sebbene quella che abbiamo imparato a conoscere come la “deterrenza nucleare” abbia contribuito a evitare il conflitto diretto tra USA e URSS, è indubbio l’impatto che l’invenzione dell’atomica ha avuto sulla nostra cultura. Basta considerare il caso del Giappone, in cui, per ovvie ragioni, sono state prodotte molte opere che hanno come elemento centrale la bomba atomica. Anche al di fuori del Sol Levante sono numerosi gli esempi di prodotti multimediali che hanno come tema portante la bomba e la catastrofe nucleare.
Un caso degno di nota è Il dottor Stranamore – Ovvero: come ho imparato a non preoccuparmi e ad amare la bomba (1964), lo spietato film satirico di Kubrick in cui un generale statunitense impazzito riesce ad avviare un attacco nucleare contro l’URSS. Kubrick ridicolizza la strategia della Mutual Assured Destruction e illustra uno scenario in cui i suoi presupposti razionali sono messi in crisi da una situazione in cui l’irrazionalità prende il sopravvento. A differenza di questo film, l’opera di Nolan fa un passo indietro e assume un tono decisamente più solenne. Il regista non si limita semplicemente a raccontare la genesi della bomba atomica, ma mostra la presa di coscienza dell’impatto di questa invenzione da parte del suo stesso creatore.

Attraverso la figura di Julius Robert Oppenheimer (Cillian Murphy), Christopher Nolan mette in scena la secolare tensione tra conoscenza ed etica. Il personaggio di Oppenheimer mostra perfettamente il conflitto tra la sete di sapere e la presa di coscienza delle conseguenze delle proprie azioni. Da un lato, egli è mosso dal desiderio di vedere messo in pratica ciò che viene astrattamente teorizzato. Dall’altro, c’è il desiderio di fare qualcosa di utile per il conflitto in corso: inizialmente impedire che i tedeschi siano gli unici in possesso di una bomba atomica, in seguito porre fine alla guerra evitando un’invasione su larga scala del Giappone, che avrebbe portato a perdite considerevoli da entrambi i lati.
L’etica non è in grado di dare risposte facili. Lo stesso Oppenheimer se ne rende conto nel momento in cui viene invitato a una riunione militare per decidere i bersagli nemici per testare sul campo la propria invenzione. La scelta non riguarda se uccidere o non uccidere, ma solo quante persone dovranno morire. E da qui si apre la questione fondamentale per il personaggio: una volta finita la guerra, ha ancora senso proseguire le ricerche che lui ha avviato? Sebbene Oppenheimer risponda negativamente, la politica impone la soluzione opposta. È iniziata una reazione a catena che potrebbe avere conseguenze catastrofiche per l’umanità.

Questa realizzazione di Oppenheimer è la chiave di volta di tutto il film, non il successo del progetto Manhattan. Il montaggio non lineare con cui viene raccontata la vicenda serve proprio a mettere in risalto l’evoluzione del personaggio, ricostruendo la storia in parte come una narrazione dello stesso Oppenheimer e in parte da un punto di vista esterno. Questa forma narrativa serve non solo a sottolineare il conflitto interiore del personaggio, ma anche a rappresentare il conflitto con forze esterne, quasi sempre di natura politica. Così come è difficile qualificare la moralità delle azioni di Oppenheimer, allo stesso modo i vari attori politici faticano a comprenderlo per via della rigidità delle loro convinzioni politiche, arrivando a osteggiare lo scienziato.
Un tema fondamentale di Oppenheimer è proprio la cecità della politica nei confronti delle scoperte scientifiche. Il rapporto tra il protagonista e il politico Lewis Strauss (Robert Downey Jr.) mette in luce l’incapacità di quest’ultimo (e di buona parte della classe dirigente) di comprendere appieno la portata della bomba atomica. Chiusi nella propria rigidità concettuale e viziati da interessi personali e/o nazionali, i rappresentanti della politica sono ciò che rende concreto il timore di Oppenheimer sul destino della sua invenzione.

Nolan ha inseguito per anni una sintesi tra cinema autoriale e blockbuster che, con poche eccezioni in positivo e in negativo, ha dato luce perlopiù a film gradevoli, ma vuoti. Con Oppenheimer invece, il regista confeziona un film in cui una narrativa articolata la fa da padrone senza cedere alle solite esagerazioni fini a sé stesse che hanno caratterizzato molte delle sue opere. Anche se talvolta indulge nella spettacolarizzazione cinematografica, gran parte dell’estetica e della narrazione sono funzionali a ciò che l’autore vuole raccontare. Per quanto possa soffrire della parzialità tipica delle opere biografiche e di banalizzazioni teoriche volte a far digerire al pubblico complesse questioni di fisica, Oppenheimer è un film curato e articolato che, pur non inventando nulla di nuovo, riesce a portare al grande pubblico un messaggio forte senza esprimerlo in modo banale o eccessivamente contorto. In conclusione, se siete tra i pochi che ancora non hanno contribuito a uno dei maggiori incassi cinematografici di quest’anno, andate in sala a godervi l’esperienza.
Immagine di copertina: Frame del film Oppenheimer