
Molte produzioni cinematografiche nostrane che trattano di grandi personalità della cultura italiana condividono un problema: si limitano a raccontare delle biografie romanzate in cui le vicende umane dei protagonisti sono incastrate in schemi narrativi banali e narrate con un tono tanto enfatico e solenne da risultare caricaturale. Un esempio famoso è Il giovane favoloso (2014) di Mario Martone, che racconta la storia di Giacomo Leopardi scadendo nei soliti stereotipi del genio incompreso e depresso. Un altro caso può essere ravvisato in Dante (2022) di Pupi Avati, come si può evincere già dal trailer, in cui emergono prepotentemente tutte le caratteristiche appena riportate.
Propendendo per una narrazione solo apparentemente colta, opere di questo tipo non sono in grado di rendere giustizia né agli autori trattati né al loro pensiero o alle loro opere, proprio perché tutto viene ridotto a una rappresentazione biografica che fondamentalmente non è tanto diversa da uno sceneggiato Rai. L’unica differenza è data da una patina di maggiore raffinatezza e cura estetica che serve a dare l’impressione di un film destinato al cinema e non un prodotto televisivo.

La stranezza (2022) di Roberto Andò è un film che riesce a sorprendere proprio per il suo essere un’eccezione in questo (desolante) panorama. Malgrado la presenza dei comici Ficarra e Picone possa, in un primo tempo, riportarci a prodotti televisivi di ben altro spessore, il film è a tutti gli effetti un’opera cinematografica degna di essere definita tale, oltre che una rappresentazione non banale dell’autore che ha come protagonista, Luigi Pirandello (Toni Servillo).
Il film ha collocazione spaziale e temporale molto ristretta e mescola una storia inventata a fatti reali della vita di Pirandello. La maggior parte del film è ambientata nel 1920 ad Agrigento, in occasione del ritorno dello scrittore in Sicilia per visitare Giovanni Verga, che compie 80 anni. Appena arrivato nella città natia, Pirandello viene a conoscenza della recente morte dell’anzianissima balia che lo accudì da bambino. Nel dedicarsi alle esequie della defunta, egli conosce due becchini, Bastiano e Nofrio (Ficarra e Picone), che si occupano anche di allestire spettacoli teatrali amatoriali sulla base di copioni scritti dallo stesso Nofrio.

L’ultima parte del film, invece, è ambientata a Roma nel 1921, in occasione della prima di Sei personaggi in cerca d’autore, forse l’opera teatrale più celebre dell’autore. È la stesura di questo dramma a essere al centro delle preoccupazioni di Pirandello durante il ritorno in Sicilia. Non solo, è proprio la tematica portante di quest’opera a essere al centro del film: la relazione tra realtà e rappresentazione teatrale. Sei personaggi è il testo in cui viene esposta l’idea dell’impossibilità di rendere la complessità di una storia reale attraverso la finzione teatrale. Nel dramma, sei personaggi senza nome irrompono in teatro durante le prove di uno spettacolo di Pirandello e chiedono di essere inseriti in una storia. I vari tentativi da parte del direttore e degli attori falliscono, proprio perché la stessa forma teatrale è inadeguata per rendere il contenuto della storia di questi personaggi a causa dell’eccessiva finzione.
Al pessimismo di Pirandello, rinforzato dalle parole di Verga, che accusa il collega di aver minato le fondamenta della realtà con il proprio operato, si oppone la figura di Nofrio. Il becchino-drammaturgo sta per mettere in scena il suo primo dramma, nonostante le numerose difficoltà dovute all’ambiente amatoriale in cui l’opera viene concepita e realizzata. Incuriosito, Pirandello osserva in silenzio e di nascosto l’operato di Nofrio. Lo scrittore, pur essendo il protagonista del film, si comporta quasi da personaggio secondario, lasciando la scena ai due becchini e alla loro storia.

Nofrio rappresenta quell’ottimismo nei confronti dell’arte teatrale che manca a Pirandello, ma le sue speranze sono destinate a infrangersi nella sera del debutto. Da una parte contribuiscono la scarsa qualità generale dello spettacolo e la volontà di Bastiano di trasformare il dramma in una commedia, dall’altra le vicende personali dei due colleghi si esasperano proprio durante la rappresentazione. Prima uno spettatore si infuria per essere stato rappresentato in modo caricaturale, poi Bastiano arriva ad aggredire Nofrio. Inevitabilmente questo porta all’interruzione dello spettacolo. La rappresentazione teatrale fallisce e l’idea di Pirandello è rinforzata. La realtà si è dimostrata tanto forte da “irrompere” sul palco e infrangere la finzione. È la vita privata, con i suoi alti e bassi, a essere il vero dramma del film.
Arrivati a questo punto, segue la messa in scena di Sei personaggi, in cui viene rappresentato proprio questo difficile rapporto tra realtà e finzione. Ed è qui che La stranezza mostra tutta la sua classe e si pone a un livello nettamente superiore rispetto al tipo di opere citate all’inizio. Durante questa sequenza, il tema al centro del testo teatrale di Pirandello non viene solo rappresentato all’interno del film, ma diventa parte integrante della narrazione stessa, trasformando a tutti gli effetti La stranezza in un film pirandelliano.
Immagine di copertina: Un frame del film La stranezza.