
La fama di Park Chan-wook è legata soprattutto a Oldboy (2003), secondo film della Trilogia della vendetta e probabilmente la prima pellicola ad aver attirato l’attenzione del pubblico occidentale verso il cinema sudcoreano – interesse rapidamente scemato e rinvigorito in tempi recenti solo grazie al successo di Parasite (2019) di Bong Joon-ho. Storia di un uomo comune alla ricerca di coloro che lo hanno rapito e rinchiuso per quindici anni in una stanza senza rivelargli il motivo, questa pellicola potrebbe dare l’idea di un regista dallo stile elegante, ma tendente al barocco e allo shock gratuito. Tuttavia, una visione più approfondita di questo e altri suoi film rivela come ci sia una tematica portante che percorre tutta la sua filmografia e che è diventata ancora più evidente proprio nelle ultime opere del regista, Mademoiselle (The Handmaiden, 2016) e, soprattutto, Decision to Leave (2022).

È l’amore a essere al centro delle vicende messe in scena da questo autore, non solo nella sua accezione romantica e declinato in modo diverso a seconda dei contesti. Sono gli amori ostacolati dalle circostanze o irrimediabilmente compromessi da una tragedia a dare il via alla storia. Ne risulta una rappresentazione dell’essere umano come creatura mossa dalla necessità di amare ed essere amato, in grado di compiere anche le azioni più violente e immorali quando questo desiderio viene frustrato. Si vengono a creare situazioni tinte di grigio, troppo complesse per essere giudicate con una morale rigida e in cui spesso sono gli stessi protagonisti a soffrire per le conseguenze nefaste delle proprie azioni.
Decision to Leave è probabilmente l’opera più accessibile, dato che evita gli aspetti narrativi più crudi e complessi che caratterizzano molte delle pellicole del regista. Si tratta di una storia dal sapore hitchockiano in cui un detective si innamora di una giovane vedova, che è la principale sospettata nell’indagine sulla morte del marito. Sebbene siano evidenti le influenze di un certo tipo di cinema occidentale, non si tratta certo di una pallida imitazione. La principale differenza rispetto ai capolavori di Hitchcock è data proprio dal focus dell’autore: mentre il regista britannico puntava molto sul brivido per coinvolgere lo spettatore, Park Chan-wook mette in primo piano i personaggi e i loro sentimenti, facendo quasi scivolare il thriller sullo sfondo. I due protagonisti dell’opera veicolano un misto di sentimenti difficilmente scindibili l’uno dell’altro e che danno vita a individui caratterizzati a 360 gradi: da un lato l’attrazione e l’empatia, dall’altro il sospetto e la consapevolezza della propria vulnerabilità al tradimento.

L’argomento dell’amore, presentato esplicitamente in Decision to Leave, viene invece filtrato attraverso altre tematiche in tutta la filmografia dell’autore. Una delle più care a diversi dei registi sudcoreani a noi noti è quella delle forti disparità sociali che caratterizzano il loro paese, come si può notare soprattutto nel già citato Parasite. Anche Park Chan-wook ha affrontato l’argomento, sposando due prospettive diverse che mettono in luce come l’amore sia uno strumento che può liberare e unire persone appartenenti a classi sociali diverse oppure dividerle ulteriormente. Lo spietato conflitto di classe rappresentato in Mr Vendetta (Sympathy for Mr Vengeance, 2002), film di ambientazione contemporanea, fa da contraltare all’incontro tra nobiltà e popolo rappresentato in The Handmaiden, opera in costume ambientata nella Corea degli anni ’30 durante l’occupazione giapponese.
Nel primo caso, il protagonista è un ragazzo sordomuto che, per poter pagare alla sorella l’operazione necessaria a salvarle la vita, decide di rapire la figlia dell’uomo che lo ha licenziato e chiedergli un riscatto. La situazione degenera rapidamente in una spirale di violenza che dà un’immagine cupa e pessimista della situazione sociale della Corea del Sud. Sono la disperazione e l’amore nei confronti dei propri cari che acuiscono un conflitto in cui nessuno risulta vincitore. Nel secondo film, un truffatore fintosi nobile assolda una giovane coreana di umili origini per fare da domestica a una nobildonna giapponese con il compito di convincerla a sposarlo, in modo da potersi impadronire della ricca dote. Tuttavia, mentre svolge il proprio compito, la giovane si innamora della propria vittima e inizia a dubitare. Qui l’amore diventa uno strumento di contatto tra due mondi agli antipodi: da un lato la nobiltà giapponese, dall’altro il popolo coreano sottomesso. Nonostante le differenze sociali, entrambi i personaggi sono accomunati dall’essere donne in una società patriarcale in cui vengono sfruttate per motivi economici o di prestigio. La loro relazione omosessuale, per quanto tinta di sensi di colpa, diventa l’unica occasione di genuino affetto e di fuga da una società falsa e avvilente.

L’amore non è visto solo attraverso il filtro del conflitto sociale. I film di Park Chan-wook esplorano anche altre tematiche tutt’altro che secondarie: la religione e il soprannaturale (Thirst, 2009), la malattia mentale (I’m a Cyborg, But That’s Okay, 2006) o il rapporto tra le due Coree (Joint Security Area, 2000), solo per citarne alcune. Quella proposta in questo articolo non è certamente un’analisi approfondita della poetica di questo regista. Piuttosto, si propone come un invito a esplorare la filmografia di uno dei migliori autori del cinema non solo coreano, ma mondiale, capace di veicolare riflessioni profonde senza rinunciare alla capacità di intrattenere e appassionare il pubblico.
Immagine di copertina: Un frame del film Decision to Leave.