Papa Francesco in un a giacca bianca Balenciaga.

Per te sono foto, per altri sono dati

Il rapido sviluppo dell’intelligenza artificiale (AI) e la cultura dei social media pongono nuovi problemi alla nostra privacy.

Prima dell’arrivo di ChatGPT e Bard l’AI generativa sembrava quasi fantascienza. Ma ora tutti noi possiamo sperimentare la capacità dell’AI di generare testi grazie a brevi input digitati sulla tastiera. Gli algoritmi sono in grado di produrre non solo testi ma anche video, immagini, musica e altre opere (Margherita Bicocchi ne aveva parlato in questo articolo qualche mese fa).

Ma se l’AI può facilmente rubare lo stile a un artista e manipolare le sue opere, vi siete mai chiesti cosa potrebbe fare con le foto che ogni giorno pubblichiamo online di noi stessi, di amici e di bambini (siano figli, cugini, fratelli o sorelle)? 

L’azienda di telecomunicazioni tedesca Telekom ce ne dà una preoccupante e spaventosa idea. Il breve corto mette in scena un esperimento sociale che fino a qualche anno fa sarebbe sembrato possibile sono in qualche film distopico o fantascientifico. Mentre la realtà è che questa tecnologia è ormai alla portata di chiunque e gli algoritmi sono facilmente accessibili. Grazie all’AI è possibile generare un deepfake che, partendo da contenuti reali (ad esempio l’ultima foto postata su Instagram o il video caricato su TikTok), riescono a modificare o ricreare le caratteristiche e i movimenti di un volto o di un corpo e a imitare fedelmente una determinata voce. Non ci credi? 

Il video è stato realizzato per la campagna di informazione “ShareWithCare” da Telekom.

La Elle nel video rappresenta un’intera generazione di minori che sono quotidianamente esposti ai social media, dove le loro immagini, video e buffe facce sono alla mercè di sconosciuti (dalle non sempre buone intenzioni). Ma se le immagini di minori vengono caricate online senza il loro consenso, il problema del deepfake può riguardare chiunque pubblichi il proprio volto online. Perchè se per alcuni una foto è solo una foto, per altri è una fonte di dati, una traccia dell’identità di un’altra persona da usare e sfruttare.

Come riportato da Europol, l’Ufficio europeo di polizia, gli esperti stimano che entro il 2026 il 90% delle immagini online potrebbero essere state generate da AI.

Pensa alle conseguenze che potrebbe avere per la sicurezza. Per la polizia reperti audio e video sono fondamentali per le indagini; ma se quelle immagini non fossero mai accadute? Se fossero solo frutto dell’AI?

Come se non fosse abbastanza, l’AI generativa rischia anche di rafforzare i pregiudizi sociali e razziali esistenti o esacerbare disuguaglianze se addestrati su serie di dati non rappresentativi o distorti. Spesso i dati usati per educare l’AI sono discriminatori e non rappresentativi della società. Banalmente la lingua usata è in maggioranza l’inglese. Ma se i dati usati per addestrare l’AI sono distorti cosa può succedere quando si chiede al software di generare l’immagine di un avvocato e di un criminale? Probabilmente saranno innanzitutto uomini, il primo di origine caucasica mentre il secondo di origine africana. 
Per tutti questi motivi, ma non solo, è importantissimo che ogni persona la cui foto venga caricata online sia consapevole e consenziente. L’alfabetizzazione digitale deve diventare accessibile a tutte le persone esposte o che interagiscono con il mondo digitale. 

Continueremo a postare nostre foto e video online? Probabilmente sì, ma magari in modo più consapevole.

Immagine di copertina: L’immagine generata dall’AI di Papa Francesco ha spopolato sui social, condivisa e commentata come vera da molti.

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