
La psicologia sperimentale in generale, e in particolare la sua branca che si propone di capire i meccanismi della mente umana abile, ha avuto una crisi identitaria a inizio secolo. Ci si è res3 infatti conto che tanto di ciò che sappiamo è basato su metodologie solide ma applicate a campioni di studio WEIRD. Recupera la prima parte dell’articolo qui.
Un metodo politico. Quella che sembra una questione di metodo che – a far tanto – può interessare chi psicologia la studia, chi fa ricerca e poch3 altr3 appassionat3, diventa una questione politica, e quindi di interesse condiviso, nel momento in cui si interseca con i caratteri del sistema socioeconomico nel quale ci muoviamo e intessiamo relazioni da almeno 50 anni. Glenn Adams e collegh3, in un articolo pubblicato nel 2019 sostengono infatti che la relazione d’influenza tra neoliberismo – inteso come sistema economico ma anche sociale sviluppatosi a partire dagli anni Settanta – e psicologia è bidirezionale. Dall’articolo: «far from being a disinterested bystander, hegemonic forms of psychological science provide an epistemic foundation for—and sometimes participate in—the naturalization, legitimation, and institutionalization of neoliberalism and its consequences».
Il neoliberismo culturale. Il sistema in cui viviamo influenza il modo in cui ci approcciamo al mondo e a noi stess3, rendendo più desiderabili di altri alcuni tratti della personalità. Dobbiamo pensarci come individui indipendenti (astratti rispetto al contesto), dobbiamo avere spirito imprenditoriale, dobbiamo sempre puntare al miglioramento di noi stess3, e, più di tutto, dobbiamo essere in grado di fare scelte, in continuazione.
Essere astratti. Dobbiamo pensarci in astratto rispetto al posto in cui nasciamo e cresciamo, dobbiamo essere individui apolidi e indipendenti. Il corrispettivo culturale della globalizzazione economica ci ha offerto molte più opportunità e occasioni di confronto con l’altr3, inimmaginabili da chi ci ha preceduti, ma che ci rendono sempre più simili l3 un3 all3 altr3. Il confronto con l3 altr3 è sì più semplice, ma anche meno significativo: le differenze culturali si appiattiscono, le identità locali si perdono e ci si trova impegolat3 in un eterno presente nel quale il legame con chi viene prima e chi viene dopo di noi si affievolisce (si pensi al dovuto rimprovero di chi milita nei movimenti ambientalisti nei confronti di chi ci ha preceduto: “a noi non avete pensato”).
Essere imprenditori di noi stess3. Dobbiamo adattarci a quello che il mercato chiede (una specializzazione in più, un tirocinio all’estero, una lingua straniera). Di conseguenza, chi ha il carattere (e le possibilità materiali) di soddisfare queste richieste viene premiato, chi non le ha, screditato.
Migliorarsi sempre. Adattarci sì, ma sempre puntando al miglioramento. Dobbiamo reinventarci, avere degli obbiettivi, essere la migliore versione di noi stess3 (etica promossa dalle “that girl aesthetic”, vedi qui).
Educarsi alla scelta. Coerentemente all’assunto “fai quello che ami, e sarai felice”, i nostri gusti e le nostre preferenze diventano tratti imprescindibili della nostra identità (come ci insegnano i nostri algoritmi e i loro consigli). Per essere felici basta saper scegliere, essere certi delle nostre passioni e inclinazioni, nel modo più indipendente e incondizionato possibile. Il rapporto con l’altro è funzionale e desiderabile solo nel momento in cui promuove la crescita del sé e la soddisfazione personale.

Una politica metodica. L’enfasi neoliberista sull’individuo come ente a sé stante, tanto più di successo quanto più capace di essere indipendente e versatile, ma mai condizionato dal contesto, bene si sposa con un’epistemologia che premia la psicologia rispetto alla sociologia, l’osservazione generalizzabile rispetto a quella particolare. Vediamo come il carattere astratto della metodologia e l’individualismo ontologico dei contenuti rischia di relegare la psicologia al ruolo di ancella dello status quo.
Astrazione metodologica. Studiare il comportamento e la cognizione umana in laboratorio implica l’isolamento dei meccanismi d’interesse. Questi fenomeni, infatti, vengono separati dal contesto in cui normalmente accadono e riprodotti in un ambiente controllato, diventando così variabili su cui l3 scenziat3 hanno ampio controllo. Rimuovere il contesto significa anche minimizzare il ruolo di chi la ricerca la conduce: l3 scenziat3 deve osservare in modo imparziale, essere scevr3 da secondi fini o agende personali o politiche. Una buona, e necessaria, pratica sperimentale (essere il quanto più possibile neutr3 e imparziali per non influenzare il comportamento di chi partecipa all’esperimento, rendendo le osservazioni replicabili) diventa problematica nel momento in cui si erige a carattere ontologico della disciplina – o della scienza – stessa. La sociologia ci ha infatti insegnato che la scienza non è indipendente dai chi la fa (le persone) e da chi la sostiene, permette e finanzia (la politica). L’imparzialità è allora un’illusione che oltre a non restituire un’immagine veritiera della scienza reale, applicata e inserita nel mondo, impedisce ad essa di proporsi come strumento di pensiero critico o politicamente rilevante, e quindi, di default, si fa supporto dello status quo (vedi anche qui).
Astrazione contenutistica. Il pericolo dell’astrazione dal contesto vede un suo buon esempio nel campo delle differenze individuali, branca che studia l’influenza della personalità e delle abilità mentali sul comportamento, relegando a ruolo secondario molte considerazioni sulle disuguaglianze sistemiche, e sui prodotti sociali delle decisioni politiche ed economiche. In aggiunta, se continuasse a basarsi principalmente su campioni WEIRD, la psicologia rischierebbe di assumere come meccanismi naturali o fondanti della cognizione umana aspetti che invece dipendono dal tessuto sociale in cui gli individui si muovono. Assumere un aspetto culturale come carattere naturale rischia, ancora una volta, di ignorare qualsiasi alternativa possibile (si pensi a tutte le remore e opposizioni alle transizioni di genere, alle famiglie “non tradizionali”, al poliamore).
Come lo sviluppo di ogni scienza, quello della ricerca psicologica si inserisce in una cornice storica e in un contesto socioeconomico di inevitabile influenza reciproca. L’apertura ad altre prospettive epistemologiche e la contaminazione da parte di altre discipline (come la sociologia e l’antropologia culturale) sono tanto inevitabili quanto necessarie per una scienza che non si vuole immaginare imparziale o esclusivamente a supporto dello status quo.
Immagine di copertina: Market Floor, Bruce Reeve (2011).